Intervista a Giovanni Barone, traduttore de LA METÀ DEL DOPPIO di Fernando Bermúdez

Giovanni Barone ha collaborato alla collana Autores italianos contempóraneos pubblicata dall’editore argentino Laborde, per la quale ha tradotto, con la moglie Mirta Vignatti, La sonrisadel ignoto marinero di Vincenzo Consolo. In seguito ha dato voce italiana ad Animali domestici di Guillermo Saccomanno e a Carne di cane di Pedro Juan Gutiérrez (entrambi per le edizioni e/o). Da poco è in libreria la sua ultima traduzione, La metà del doppio di Fernando Bermúdez (Edizioni Spartaco): sette racconti in cui l’autore dimostra la sua abilità nell’esibire la tecnica narrativa senza farle perdere efficacia – sull’esempio di Borges e Calvino – e ammalia il lettore con storie in cui in qualche misura entra sempre in gioco un  sentimento amoroso, mai  però nella sua accezione  più  banale.  Qui di seguito un’intervista a Giovanni Barone su quest’opera della quale è anche curatore ed esegeta nell’interessante postfazione.

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UN SOFFIO DI VITA di Clarice Lispector, GLI UNDICI di Pierre Michon, IL MACELLAIO di Sándor Márai: ode all’Adelphi.

Un soffio di vita_Lispector_Gli Undici_Michon_Il macellaio_Márai_AdelphiIl coraggio e la coerenza della case editrice Adelphi nel proporre testi complessi ma sorprendenti come quelli di Clarice Lispector o di Pierre Michon

«Se mai questo libro verrà pubblicato, che i profani ne stiano alla larga. Giacché scrivere è cosa sacra a cui gli infedeli non hanno accesso. Realizzare apposta un libro brutto per allontanare i profani che vogliono “apprezzarlo”»: è l’ammonimento con cui Clarice Lispector chiarisce nelle pagine iniziali di Un soffio di vita che la sua non è un’opera destinata a tutti e lo ribadisce anche il traduttore, Roberto Francavilla, nella postilla finale. In realtà potrebbe essere un’avvertenza da premettere a molti dei libri Adelphi, una delle pochissime case editrici italiane che cerca di tradurre in un progetto culturale coerente e coraggioso il proposito di stimolare i lettori a uno sforzo di comprensione che li ripaghi poi abbondantemente con preziose scoperte, rifuggendo dal rassicurante appiattimento stilistico e contenutistico che viene spesso propinato come “letteratura pop”. Del resto a inquadrare perfettamente il problema era stato tempo fa Roberto Calasso che nell’Impronta dell’editore spiega: «La percezione della qualità o non-qualità di un libro diventa un elemento sempre più evanescente e secondario. Quel certo libro va o non va? A che cosa si riallaccia? È cool o non è cool? È una tendenza o è antiquato? Funzionerebbe come e-book? L’autore viaggia o non viaggia? Rende, in televisione? Sono alcune questioni che vengono soppesate con gravità. Parlare della bruttezza – o bellezza – di un libro sembra disturbante, fuori luogo. Così avviene all’interno delle case editrici perché così avviene nella psiche del vasto mondo». Non è però questa, e gliene va dato merito, la scelta fatta dal marchio milanese alla cui creazione proprio Calasso ha collaborato e di cui dal 2015 è anche socio di maggioranza. Continua a leggere

Alla scoperta di Xaimaca, collana di letteratura latinoamericana

Collana Xaimaca. letteratura latinoamericanaÈ nata un anno fa ed è giunta al quarto titolo Xaimaca, la collana di letteratura latinoamericana curata da Marino Magliani e Luigi Marfé per Arkadia Editore. A inaugurarla era stato Sin rumbo di Eugenio Cambaceres (tradotto dai due curatori), un romanzo del 1885 la cui capacità corrosiva è immutata: il protagonista vive una quotidianità cupa e disillusa, nonostante gli agi e i facili amori che censo e fascino gli assicurano, e quando abbasserà la guardia riceverà il colpo più atroce. Sono seguiti Letti da un soldo di Enrique González Tuñón, Guerra verticale di César Vallejo e ora, di Ricardo Güiraldes, Xaimaca ossia “la terra della primavera”, che dà il titolo alla collana ed è il resoconto (edito nel 1923) di un viaggio dalle coste cilene sino alla Giamaica, ma anche e soprattutto la storia di un turbamento esistenziale che si scioglie in un amore per poi nuovamente condensarsi; questa volta la traduzione è di Riccardo Ferrazzi, insieme a Magliani. Ho intervistato i protagonisti di questo progetto per saperne di più. Continua a leggere

Intervista a Daniele Petruccioli, traduttore di BILIARDO SOTT’ACQUA di Carol Bensimon

Daniele PetruccioliCredo che la prima volta in cui ho posto particolare attenzione al traduttore sia stato leggendo 37° 2 al mattino di Philippe Djian (Voland), un romanzo che ho amato come davvero pochi altri. Ma il nome di Daniele Petruccioli ricorre anche in altre opere che ho molto apprezzato, come La caduta delle consonanti intervocaliche di Cristovão Tezza (Fazi) o Sono tutte storie d’amore di Dulce Maria Cardoso (Voland). Petruccioli traduce da portoghese, francese e inglese e tra i suoi ultimi lavori occorre annoverare anche Fine di Fernanda Torres e Ritorno a Fascaray di Annalena McAfee, per Einaudi, e Biliardo sott’acqua di Carol Bensimon, che inaugura la sezione straniera della collana Romanzi curata da Giuseppe Girimonti Greco per Tunué.
La giovane autrice brasiliana intesse, con una scrittura fatta di levità e omissioni, un romanzo corale che ha il detonatore nella morte di una ragazza e si sviluppa prevalentemente intorno a tre personaggi, resi vividi anche dal ricorso alla prima persona: Bernardo, impacciato amico e corteggiatore di Antônia; Camilo, fratello maggiore di lei e incallito perdigiorno; Alexandre, detto il Polacco, barista in fuga dal passato.
Qui di seguito un’intervista su questa nuova collaborazione e sulla professione di traduttore. Continua a leggere

Piccoli editori, interessanti traduzioni

Una visita serale_Emmanuel Bove, Tutto si muove intorno a me_Dany Laferrière e Non piangere_Lydie Salvayre

Una visita serale e altri racconti di Emmanuel Bove, Tutto si muove intorno a me di Dany Laferrière, Non piangere di Lydie Salvayre: tre interessanti traduzioni di piccoli editori

A dispetto degli allarmismi sullo stato di salute dell’editoria italiana, i piccoli editori hanno ancora la capacità di investire in un ambito difficoltoso come quello delle traduzioni letterarie, affidandole a professionisti di comprovata bravura; peccato, però, che recensori, librai e lettori supportino di rado i loro sforzi (come è accaduto per le belle opere di Mircea Cărtărescu, Annie Ernaux e Kent Haruf). Segnalo qui di seguito tre testi che ho letto con interesse e che suggerisco volentieri alla vostra attenzione, anche per premiare l’impegno e l’ottima cura redazionale degli editori che li hanno pubblicati.

Una visita serale e altri racconti di Emmanuel Bove, Fusta Editore, collana Bassa Stagione (traduzione di Claudio Panella)
Sono sette racconti permeati di amarezza, incentrati sull’instabilità dei legami affettivi, sullo scarto tra desideri o illusioni e realtà; esemplare lo splendido E se mentisse?, in cui un uomo attende tutta la notte il ritorno della moglie: seppur ansioso di ricevere le sue rassicurazioni, non potrà comunque tacitare mai più i sospetti e le congetture scatenate dalla sua assenza. Lo stile è levigato e malinconico, l’impronta è quella di Čechov (penso in particolare al suo Tre anni). Va anche rilevato che, nonostante Emmanuel Bove (1898-1945) abbia suscitato l’ammirazione di autori come Beckett, Gide, Rilke e più recentemente Houellebecq e Vila-Matas, della sua copiosa produzione era stato già tradotto in italiano solo I miei amici (Feltrinelli). Continua a leggere

Intervista a Lorenzo Flabbi su Annie Ernaux e L’orma editore

Annie Ernaux, Il posto e Gli anni, L'orma editoreLorenzo Flabbi ha insegnato letterature comparate alle università di Paris III e Limoges e nel 2012 ha fondato L’orma editore insieme a Marco Federici Solari: una realtà editoriale attenta ai fermenti culturali di area franco-tedesca e che propone testi che non rifuggono dalla letterarietà, cercando di ribaltare la tendenza comune a svalutare il lettore, a considerarlo disinteressato a tutto ciò che non sia mero intrattenimento. Un esempio di questa politica editoriale sono gli ultimi due romanzi di Annie Ernaux, Il posto e Gli anni, tradotti dallo stesso Flabbi e capaci di riscuotere un ampio apprezzamento di critica e pubblico, nonostante reinventino l’idea di narrativa alla quale ci stiamo assuefacendo. Quella di Annie Ernaux è, infatti, una scrittura scarnificata e franta, che rinuncia alla solidità della struttura e a ogni leziosità stilistica per denudare l’essenza dei ricordi e dei sentimenti.
Il posto è una dolente storia famigliare, un tentativo di indagare il solco creatosi tra il padre, prima contadino e operaio poi piccolo commerciante, e la figlia narratrice e insegnante imborghesita; negli Anni (finalista al Premio Sinbad), invece, lo sguardo si proietta prevalentemente all’esterno delle mura domestiche, si focalizza sul rapporto tra il percorso personale della Ernaux e quello della società francese, che dopo la Ricostruzione si avvia verso l’era del consumismo con brevi sussulti contestatari. In entrambi i romanzi la scrittrice ricostruisce il passato senza la deformazione dell’analisi e l’onere della prova: «Come il desiderio sessuale, la memoria non si ferma mai. Appaia i morti ai vivi, gli esseri reali a quelli immaginari, il sogno alla storia».
Qui di seguito un’intervista a Lorenzo Flabbi per scoprire qualcosa di più su Annie Ernaux e su L’orma editore.

Annie ERNAUX, Il posto, L'Orma editoreCome hai conosciuto le opere di Annie Ernaux e cosa di queste ti ha colpito in particolare?
Già sulla prima domanda sono impreparato: mi sono concentrato, ci ho pensato e ripensato, mi interessava davvero risponderti, ma non sono riuscito a recuperare nella mente quando ho sentito parlare di Ernaux per la prima volta. A mia parziale discolpa, va detto che si tratta di un’autrice influente e diffusa. Abitavo in Francia già da qualche anno quando ho letto La place, il libro con cui l’ho scoperta nella mia esperienza di lettore, e ricordo che avevo già la sensazione di stare recuperando una lacuna, di arrivare buon ultimo, come accade per i classici quando magari si legge Il rosso e il nero ben oltre il proprio percorso formativo e si sbotta: “hai capito Stendhal!”. Ecco, “hai capito Ernaux” è stata più o meno la mia reazione di allora, che mi ha spinto a “mettermi in paro” con altri suoi testi e ad aspettare con la trepidazione che si consacra agli autori amati l’uscita de Les années, nel 2008, di cui poi si è parlato abbastanza da far sì che fosse un libro più difficile da evitare che da leggere. Ne Gli anni si rispecchiò un’intera porzione di Francia, e infatti il libro vendette tantissimo, centinaia di migliaia di copie in pochi mesi, per poi restare in classifica un paio d’anni senza interruzioni. A quell’epoca, di ciò che sarebbe poi diventata L’orma non esisteva ancora non dico il progetto, ma nemmeno la fantasia, e diedi per scontato che un’autrice di quello spessore fosse pubblicata, come dire, “in automatico” anche da qualche grosso calibro del mondo editoriale italiano. Più tardi, grazie a una conversazione con Pierluigi Pellini, scoprii che le cose non stavano così: di Ernaux erano stati tradotti alcuni libri, ma non quelli che ritenevo essere di gran lunga i più importanti.Marco Federici Solari e Lorenzo Flabbi_L'Orma Editore Ne fui sorpreso e persino deluso. Ecco, quando poi si è trattato di vederci più chiaro in quello che, con Marco Federici, volevamo che fosse il catalogo delL’orma editore, la delusione di qualche tempo prima si è trasformata in un’alzata di calici e boccali: i diritti di capolavori come La place e Les Années erano ancora liberi, non ci pareva vero. Da Gallimard prendemmo Ernaux, da Surhkamp Jahrestage di Uwe Johnson. Potevamo iniziare, L’orma editore aveva le sue ragioni d’essere.

Annie ERNAUX, Gli anni, L'Orma editoreSebbene già Il posto intersechi dimensione intima e collettiva, con Gli anni si ha un ulteriore allargamento dell’orizzonte verso la realtà storica: nella concezione dell’autrice qual è il ruolo dello scrittore nella società? In fase di traduzione, hai avuto modo di confrontarti con la Ernaux?
Credo che ciò che accade ne Gli anni sia qualcosa che prima di esserci non c’era. La memoria che ne costituisce l’impasto non è né memoria storica né memoria individuale, bensì un’indagine che attinge ad entrambe, l’incontro tra Marc Bloch e Marcel Proust per scrivere l’esistenza di un singolo individuo fusa nel movimento di una generazione, per unificare tramite il filo di un racconto la molteplicità di immagini di sé non accordate tra loro. Continua a leggere

BooksinItaly: promuovere l’editoria e la cultura italiana nel mondo

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Breve intervista ad Andrea Tarabbia, caporedattore di Booksinitaly

BooksinItaly è un portale online che si pone come obiettivo quello di divulgare la cultura, la lingua e l’editoria italiana all’estero: tutti i contenuti sono disponibili anche in inglese; oltre a una selezione di pubblicazioni (di cui si offre un assaggio di traduzione), sono presenti interviste a professionisti del settore e un database con agenti letterari, autori, editori, istituti italiani di cultura e traduttori. Per saperne di più ho rivolto qualche domanda ad Andrea Tarabbia, caporedattore di BooksinItaly, scrittore e studioso di Letterature comparate.

L’idea è semplice e allettante: presentare all’estero le migliori opere italiane, ma come vengono selezionati i testi tra i circa sessantamila nuovi titoli pubblicati ogni anno? Visto che critici e professionisti sono spesso legati a qualche marchio editoriale, non si rischia di replicare l’autoreferenzialità che inficia pagine culturali dei quotidiani e premi letterari?
Non sono necessariamente le “migliori” opere italiane – non abbiamo la presunzione di poter decidere d’imperio che cosa è buono e cosa non lo è. Il criterio attraverso cui selezioniamo le opere è, al di là del gusto personale e dell’effettivo valore letterario del libro, anche la sua esportabilità, ovvero la possibilità che il romanzo o il saggio intercettino l’interesse di editori e lettori stranieri: ogni parere di lettura, infatti, contiene una sezione, che noi riteniamo fondamentale e che si intitola “Perché tradurlo”, in cui cerchiamo di raccontare quali sono le caratteristiche del libro che possono renderlo appetibile all’estero. Cerchiamo insomma di ragionare sulla letteratura italiana sprovincializzandola e pensandola all’interno di un sistema più grande del nostro. L’indipendenza dai gruppi e dai marchi editoriali è uno dei motivi propulsivi di tutta l’operazione: ci è capitato, proprio per questo, di rifiutare proposte di pareri che ci sono sembrate appartenere a logiche campanilistiche. Per ogni libro di cui vogliamo parlare cerchiamo, nel mondo della cultura italiana, la figura che, secondo noi, può parlarne nel modo migliore e più libero: sono inoltre convinto – e finora i fatti mi stanno dando ragione – che la consapevolezza di parlare a un pubblico vasto, e che non conosce le dinamiche del mondo dei libri italiano, in qualche modo affranchi da pregiudizi e consorterie. L’altra cosa che capita è che sono sempre di più le persone che vivono all’estero (mi riferisco a docenti e ricercatori di italianistica, traduttori, persone che ruotano attorno agli Istituti Italiani di Cultura e così via) che ci contattano proponendoci degli spunti o segnalandoci libri o iniziative: si sta insomma costruendo, attorno a BooksinItaly, una rete che, in molti casi, si sviluppa in modo spontaneo. Continua a leggere