XXI SECOLO di Paolo Zardi, l’outsider del Premio Strega

Paolo Zardi IntervistaTra i dodici finalisti del Premio Strega 2015, XXI Secolo è la scommessa vinta da Paolo Zardi e dalla Neo Edizioni

XXI Secolo è la terza opera che il padovano Paolo Zardi pubblica con Neo Edizioni; se con le precedenti raccolte di racconti date alle stampe dall’editore abruzzese (Antropometria e Il giorno che diventammo umani) si era guadagnato l’apprezzamento di alcuni critici e lettori, ora sta giungendo all’attenzione di un pubblico ben più ampio, complice la candidatura al Premio Strega su proposta di Valeria Parrella e Giancarlo De Cataldo: al momento XXI Secolo è nella “sporca dozzina”, ma nulla esclude che riesca a ritagliarsi un posto nella cinquina dei finalisti. Sarebbe una sorta di miracolo per la piccola casa editrice di Angelo Biasella e Francesco Coscioni, ma soprattutto un giusto riconoscimento per un testo intenso e lucido come questo.
XXI Secolo è un romanzo ambientato nell’Occidente devastato di un futuro prossimo e indefinito, delineato con pochi tratti efficaci e feroci; qui un uomo mansueto e determinato si trova a doversi prendere cura dei due figli e della moglie in coma, preservandoli dalla barbarie, e al contempo è costretto a riconsiderare la propria vita coniugale a fronte di una dolorosa scoperta: «Capì in quel momento che, di sua moglie, sapeva solo ciò che aveva voluto conoscere. Attraverso un’interpretazione di parte, smussando o negando gli aspetti che non gli piacevano, l’aveva trasformata in una versione comoda e comprensibile».
Quella di Paolo Zardi è un’analisi in forma narrativa della deriva contemporanea delle nostre certezze e aspettative, degli attuali assetti sociali ed economici, ma anche dei complessi legami famigliari e affettivi, condotta con una scrittura essenziale e delicata, di un sentimentalismo solo a tratti invadente.
Qui di seguito un’intervista all’autore, il cui blog è grafemi.wordpress.com.

XXI Secolo è innanzitutto un romanzo famigliare, oltre che una storia d’amore: due filoni narrativi molto presenti anche in diversi dei tuoi racconti, giusto?
La scelta degli argomenti che popolano i racconti e i libri che ho scritto è fuori dal mio controllo: se fosse per me, se potessi decidere, scriverei romanzi storici ambientati nel tardo impero romano, oppure commedie romantiche nella Danimarca degli anni cinquanta. Ci ho provato, qualche volta, ma non sono arrivato ad alcun risultato concreto. Il processo creativo assomiglia alla paziente ricerca che da ragazzino facevo su una vecchia radio di mio nonno, quando giravo un’enorme manopola per trovare, tra le frequenze AM, qualcosa di intellegibile. Si udivano voci confuse appartenenti a lingue sconosciute, bollettini di guerre lontane, fischi che sembravano provenire dallo spazio siderale… Poi, d’improvviso, mi imbattevo in vecchie melodie suonate da orchestre, che io immaginavo essere di Vienna, e allora mi sentivo finalmente appagato. Con le storie succede più o meno lo stesso, con l’unica differenza che la radio sono io. Procedo per tentativi, spesso alla cieca, fino a che non trovo la frequenza giusta; e ora, guardandomi indietro, scopro che quella frequenza ha quasi sempre a che fare con la famiglia. Dal punto di vista drammaturgico, credo che i legami famigliari, così profondi, e così casuali (non scegliamo i nostri genitori, e anche i figli, nonostante l’educazione che faticosamente cerchiamo di impartire, crescono secondo modalità che non possiamo controllare), così viscerali, in senso stretto, e così impegnativi, abbiano una potenza, e presentino un interesse, assolutamente straordinari. Perfino il legame fondante di una famiglia, quella miscela di attrazione, stima, empatia, complicità, che tiene insieme la coppia che decide di costruire qualcosa insieme, mescola una forza e una fragilità che derivano dalla natura stessa del legame. Con il senno di poi, quindi, non mi stupisco di scoprire questa mia predilezione per il tema della famiglia; e anzi, a volte mi chiedo: “ma di cos’altro potrei parlare? Del paesaggio?”

L’ideazione di una realtà distopica ha preceduto o accompagnato il concepimento di questo romanzo?
Nel corso degli ultimi anni mi è capito di cimentarmi con racconti distopici – uno per l’antologia La morte nuda (Galaad), uno per ESC – Quando tutto finisce (Hacca) – e mi sono trovato a mio agio nel muovermi in mondi diversi dal mio. Per un autore la distopia è un’arma formidabile, perché gli consente di creare un mondo funzionale alle proprie esigenze narrative.
XXI SecoloPaolo Zardi intervista Premio StregaNel caso di XXI Secolo avevo chiara l’ambientazione – la desolazione delle periferie, l’assedio verso la piccola borghesia di un’economia in grosse difficoltà – ma quando ho iniziato a scrivere non intendevo spostare le lancette dell’orologio in avanti, oltre agli anni in cui viviamo. Già dai primi capitoli, però, ho capito che l’esasperazione, neppure troppo forzata, di certe situazioni avrebbe dato maggior spessore alla storia del personaggio principale, che è quella di un uomo del Novecento che si trova a dover sopravvivere in un mondo con sempre meno prospettive. Il declino della società e quello della famiglia protagonista del romanzo scorrono in parallelo, riverberandosi; ma quando i loro destini – quello del mondo e quello dei personaggi – si separano, e divergono, si fa strada una forma di speranza che, in un ventunesimo secolo ormai esausto, assume un particolare significato. Ma non ho voluto sviluppare una teoria sociologica del mondo: gli scrittori inseguono presagi, brividi lungo la schiena, e altre voci misteriose.

Nei ringraziamenti ti dichiari debitore di Fabio Viola per il suo romanzo Sparire e di Martin Amis: in che modo questi scrittori hanno influenzato il tuo stile?
Ho letto Sparire di Fabio Viola in un momento particolare della mia vita di autore: stavo cercando di scrivere un romanzo che però non mi convinceva, per motivi che mi erano oscuri. La lettura del libro di Viola, un romanzo non lineare, sostenuto da una follia lucidamente controllata, mi ha svelato, con la forza persuasiva che ha solo l’ottima letteratura, nuovi orizzonti. Non è giusto riassumere in poche parole le idee nate da quella lettura, ma volendo semplificare Sparire mi ha spinto a osare di più, ad abbandonare il paradigma del realismo ad ogni costo.
L’influenza di Martin Amis, invece, è più pervasiva. Ho letto L’informazione nell’estate del 2009 e ne sono rimasto folgorato. Qualche anno dopo ho letto Money, e poi London Fields, e poi tutti gli altri suoi romanzi. Se potessi scegliere quale autore essere, direi senza dubbio lui. Ha uno stile che io trovo irresistibile – la scelta degli aggettivi, le metafore, le iperboli, la costruzione dei paragrafi… È un autore poco conosciuto, in Italia, dove gode di una considerazione tutto sommato modesta; di lui spesso si dice che scrive storie troppo lunghe, che è prolisso, barocco, politicamente scorretto. Io invece dico che ogni volta che mi avvicino alle ultime pagine di un suo libro sento la malinconia profonda che accompagna la fine delle cose belle.

Con che stato d’animo e con quali aspettative stai vivendo l’avventura del Premio Strega?
Il Premio Strega, la candidatura, l’ammissione alla fase finale, rappresentano un’avventura del tutto inaspettata, e proprio perché va al di là di qualsiasi ragionevole aspettativa, risulta particolarmente emozionante. XXI Secolo è uscito per una piccola casa editrice abruzzese, la Neo Edizioni, che con molta pazienza, e parecchi sacrifici, sta portando avanti una proposta di letteratura originale, dove una forte attenzione per la qualità della scrittura si unisce alla ricerca di visioni alternative, e talvolta spiazzanti. La candidatura, dunque, non rientra tra gli eventi ai quali l’editoria di questi anni ci ha abituato; ma il passaggio nella dozzina, decretato dalla Fondazione Bellonci, dimostra senza dubbio il coraggio e l’indipendenza del Premio Strega.
Vivo questa avventura con lo spirito dell’outsider – di una squadra di provincia che per una serie di fortunate (ma non fortunose) circostanze approda alla serie A. Ce la giochiamo a viso aperto, senza timori reverenziali verso autori più conosciuti o case editrici più blasonate: il libro è là, con le sue parole e i suoi personaggi, e non conta quanto grande è l’ufficio stampa che ci sta dietro, quanta storia si porta sulle spalle un marchio editoriale… vincerà la qualità, indipendentemente da chi l’ha scritta e da chi l’ha pubblicata. Ma il fatto di essere piccoli ci dà un piccolo vantaggio: in qualsiasi modo andrà a finire, per noi sarà stata un’avventura incredibile.

Hai conseguito la laurea in ingegneria, ma su Facebook tempo fa hai affermato di volerti dedicare a tempo pieno alla scrittura (e ti ponevi il problema di come fronteggiare il conseguente azzeramento del tuo reddito): era solo una provocazione?
Era un sogno, un’utopia talmente irrealizzabile che assunse, effettivamente, il sapore di una provocazione, perché di libri, lo sanno tutti, non si campa, e io “tengo famiglia”. Il mondo nel quale vivo, che è quello dell’informatica, delle soluzioni per grandi aziende, ha molti difetti – tra i più evidenti, la centralità del profitto, e una caparbia refrattarietà a ogni infiltrazione della cultura – ma ha un grosso innegabile pregio: paga. Quando a 19 anni, fresco di maturità classica, dovevo decidere che strada intraprendere, ero combattuto tra filosofia e ingegneria; e sebbene io provi un interesse reale verso il mondo delle scienze, devo ammettere che la scelta è avvenuta soprattutto per motivi pratici. A distanza di tanti anni non rinnego quella decisione, che mi ha consentito di portare avanti una vita decorosa, per me e per la mia famiglia, ma rimane, in sottofondo, la voglia di dedicarmi a ciò che mi piace davvero, a ciò che mi definisce: il mondo della letteratura. A volte mi domando se passando tutto il giorno sui libri la passione rimarrebbe la stessa; altre volte mi dico che mi piacerebbe poterlo scoprire.

Quali sono le ultime opere che hai apprezzato? Che cosa rappresenta per te la lettura?
Di recente, mi sono commosso per un libro di Giuliano Galletti, Il nostro tempo migliore, edito da una piccola casa editrice di Vittorio Veneto; e mi sono emozionato davanti alla bellezza della scrittura di Ernesto Aloia che con il libro Paesaggio con incendio ha costruito un piccolo gioiello sulla continua oscillazione tra la morte, alla quale, da una certa età in poi, volgiamo lo sguardo ad ogni passo, e la pulsione profonda e irresistibile della vita.
La lettura è l’altra faccia della scrittura: i libri che scrivo sono costruiti mescolando la mia vita a ciò che leggo. Quando trovo un romanzo eccellente (e non sono molti, purtroppo) inizia una trasformazione nel mio modo di vedere, di raccontare, di guardare il mondo: è impossibile non venire travolti da libri come Pastorale americana, Viaggio al termine della notte o L’informazione. A ben guardare, leggere consiste nel ripetere, tra sé e sé, i pensieri di un altro essere umano, mescolandoli, per un attimo, con i propri; quando questa alchimia funziona, quando quella mente entra in risonanza con la nostra, allora i ricordi, le immagini, le persone inventate che vediamo soffrire, gioire, crescere e morire nei libri diventano parte di noi, nel senso fisiologico del termine. Il vagabondo cieco che canta sotto le finestre di Emma Bovary proprio mentre questa spalanca la bocca nera sull’abisso della morte appartiene al mio vissuto tanto quanto una festa fatta a fine anno in una vecchia villa di campagna della famiglia Ziliotto, in quinta elementare, a Pozzonovo, nel momento esatto in cui la fanciullezza stava lasciando il posto a una nuova vita: il cielo che, alla fine di quella giornata, virava verso il blu, quella volta immensa che noi ragazzini guardavamo distesi sull’erba, sudati e felici, sono fatti della stessa sostanza di cui si compongono le più belle storie che ho trovato tra le pagine dei libri.

12 thoughts on “XXI SECOLO di Paolo Zardi, l’outsider del Premio Strega

  1. Sik ha detto:

    Bellissima intervista! Complimenti ad entrambi.

  2. amanda ha detto:

    perfino nelle interviste Paolo è una lettura irresistibile

  3. andreaparovel ha detto:

    Ci sono Autori che ti fanno tornare di corsa alla scrivania, per stimolo da bellezza; altri che ti annichiliscono. La seconda per Zardi. Ci sono Impresari e Editori: la seconda, Neo.Edizioni. Colgo l’occasione per ringraziare “Vita da Editor”, spazio sempre ricco di letture che aggiungono alimentano e inducono altre letture e riflessioni.

  4. andreaparovel ha detto:

    L’ha ribloggato su pubblici appunti e ha commentato:
    Ci sono Autori che ti fanno tornare di corsa alla scrivania, per stimolo da bellezza; altri che ti annichiliscono. La seconda per Zardi. Ci sono Impresari e Editori: la seconda, Neo.Edizioni.

  5. Paolo Zardi ha detto:

    L’ha ribloggato su Grafemi e ha commentato:
    Una bella chiacchierata con l’ottimo Giovanni Turi, dove si parla di scrittura, Premio Strega, letture, di Fabio Viola, Martin Amis, Giuliano Galletti, Ernesto Aloia, e di un giorno di giugno del 1981.

  6. […] Vita da editor INTERVISTA ALLO SCRITTORE PAOLO ZARDI Il suo romanzo, XXI Secolo, è stato candidato al Premio Strega e in questa intervista Paolo Zardi ne racconta il concepimento e si sofferma sui suoi rapporti con gli altri autori e con la lettura, “l’altra faccia della scrittura”. https://giovannituri.wordpress.com/2015/06/03/xxi-secolo-di-paolo-zardi-loutsider-del-premio-strega/ […]

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