Come proporre un manoscritto: la sinossi e la biografia

come-proporre-un-manoscritto-sinossi-e-biografia_edward-hopper-office-at-nightA meno che non gli sia stata richiesta una scheda di valutazione (e venga pagato per farla), è probabile che un professionista dell’editoria dedichi a ciascun manoscritto solo un’attenzione limitata, per cui è fondamentale che il modo in cui gli viene proposto sia quello giusto: potrebbe influire sul suo approccio all’opera, fermo restando che, se non viene incuriosito dalle prime pagine e da quelle a campione con cui ne saggerà la caratura, difficilmente deciderà di leggerlo integralmente (concedendogli due-tre-quattro giorni, quelli che occorrono insomma). Ecco alcuni consigli per scrivere efficacemente sinossi e biografia.

Sinossi
Si tratta di una breve presentazione del testo, e breve vuol dire appunto non più di una cartella (2000 battute circa), altrimenti si fa prima a saggiare direttamente l’inedito. [Sembra scontato, ma ne ho viste alcune lunghe sino a cinque-sei cartelle.]
Occorre essere chiari perché, se già è incomprensibile il modo in cui ricostruite la trama e giustificate le scelte stilistiche, si inizia a dubitare delle vostre capacità autoriali ancor prima di cominciare a leggere il manoscritto. [Dopo aver riletto una mail di presentazione tre volte e aver provato a fare l’analisi logica per ricostruire il senso dei periodi, è difficile resistere alla meschina tentazione di cestinare subito tutto.] Continua a leggere

Vita da editor (72)

Scrittore: Le invio in valutazione un noir ideologicamente impegnato, ma non privo di umorismo e nonsense. Lo stile potremmo definirlo grottesco e iperreale, una sintesi inedita tra stile carveriano e massimalismo postmoderno.

Editor: Accidenti! Credo che abbia inaugurato un nuovo genere letterario: potremmo definirlo pot-pourri…

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Vita da editor (71):
https://giovannituri.wordpress.com/2016/05/26/vita-da-editor-71/

 

Vita da editor (62)

Scrittore: Il romanzo che le invio in allegato è una saga famigliare ambientata agli inizi del Novecento in una provincia del centro Italia, realistica e immaginaria insieme. La mia prosa si ispira infatti a quella del più grande scrittore sudamericano vivente: Gabriel García Márquez.

Editor: Eh? Márquez è morto lo scorso aprile!

Scrittore: Ah, sì, ha ragione, avevo fatto copia-incolla e mi sono distratto; sono tre anni che spedisco il testo a destra e a manca…

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Vita da editor (61):
https://giovannituri.wordpress.com/2015/01/13/vita-da-editor-61/

Servizi editoriali:
https://giovannituri.wordpress.com/servizi-editoriali/

Vita da editor (60)

Scrittore: Visto che viviamo nella stessa regione, ci terrei a consegnarle personalmente il mio inedito. L’ideale per me sarebbe di sabato pomeriggio o domenica mattina.

Editor: Francamente non lo ritengo necessario. Intanto mi spedisca il testo e poi, se opportuno, fissiamo un appuntamento – magari evitando il weekend…

Scrittore: Ma vorrei parlarle della mia vocazione alla scrittura e illustrarle la singolarità della mia opera prima che la legga.

Editor: Stia sereno, è sufficiente che alleghi all’inedito un curriculum e una breve sinossi.

Scrittore: A voce, però, mi riesce meglio spiegarmi.

Editor: Scusi, e la “vocazione alla scrittura” allora?

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Vita da editor (59):
https://giovannituri.wordpress.com/2014/11/12/vita-da-editor-59/

Vuoi leggere il mio libro? Grazie, no.

Gauld_New Yorker_october

Cari scrittori,

colgo spesso nei vostri occhi e nelle vostre parole l’orgoglio di offrire in lettura il vostro libro. In realtà però state chiedendo e non concedendo un favore, un credito di attenzione e di tempo. La passione e il piacere con cui date forma alle vostre storie non sempre vengono condivisi da chi le legge e, talvolta, purtroppo non sono nemmeno proporzionali al vostro impegno: il fatto che abbiate trascorso intere giornate a limare qualche frase, a cercare una svolta imprevista nella trama, a ponderare l’opportunità o meno di inserire un dialogo, purtroppo non garantiscono automaticamente un risultato armonico.

Immagino quanto sia deprimente riconoscere di aver perso un’infinità di ore (talvolta mesi o anni) per scrivere qualcosa che gli altri non vorranno leggere, ma intestardirsi nel farlo non gioverà né a voi né a loro. Oltretutto, i lettori si dividono grossomodo in due categorie: quelli che alimentano una passione (in Italia pochi) e quelli che lo fanno per lavoro (pochissimi). Continua a leggere

Vita da editor (51)

Amico dello scrittore: Per caso valuta anche romanzi già editi?

Editor: In che senso? Solitamente le schede di valutazione servono per aiutare gli aspiranti scrittori a migliorare il proprio testo o per suggerirgli di lasciar perdere.

Amico dello scrittore: Ecco, vede, un mio amico ha pubblicato un romanzo: per me è una cacata, ma vorrei un riscontro prima di dirglielo…

 

Vita da editor (50): https://giovannituri.wordpress.com/2014/03/20/vita-da-editor-50/

Vita da editor (47)

Editor: Mi può spedire la sinossi?

Scrittore: Le assicuro che non serve, dopo le prime pagine non potrà più interrompere la lettura!

Editor: In realtà, gliela chiedevo perché dopo i primi tre capitoli non ho ancora capito se a essere dislessico sia il narratore o l’autore…

 

Vita da editor (46):
https://giovannituri.wordpress.com/2013/11/19/vita-da-editor-46/

Giuseppe Pontiggia, IL GIOCATORE INVISIBILE (3)

[dall’edizione Oscar Mondadori del Giocatore invisibile di Giuseppe Pontiggia]

Talora quando rileggeva, tra un manoscritto e l’altro, certi libri che aveva in biblioteca, la pagina iniziale del Circolo Pickwick o di Moby Dick, ad esempio, oppure Pel di Carota o i Viaggi di Gulliver, provava una inattesa commozione, come se incontrasse autori di un altro pianeta e che però scrivevano proprio per lui. Quello che stavano dicendo lo riguardava, lì, in quel momento, in piedi nel suo studio, senza bisogno di appelli e di riletture, con la felicità vivificante di una intimità completa. Quando poi ritornava a un manoscritto di trecento pagine dove magari – per esplicita volontà dell’autore – capitava “tutto”, non si sentiva più nella condizione giusta per giudicare. Spesso l’autore falliva non perché non avesse qualità, ma perché non sapeva rinunciare a qualcuna. Ingordo e infantile, si comportava come quei clienti che, in un pranzo a prezzo fisso e scelta libera, non sanno rinunciare a nessuno tra i primi piatti, e al secondo, come il cuoco ha previsto, arrivano esausti. Talora, rileggendo questi giudizi, si accorgeva di avere sbagliato il tono, la valutazione, la previsione, e se ne sentiva responsabile. Le lettere di rifiuto erano invece opera degli editori e venivano elaborate sulla base di una robusta diffidenza nella obiettività del destinatario, atteggiamento ricambiato con uguale convinzione dall’altra parte […].

Giuseppe Pontiggia, IL GIOCATORE INVISIBILE (2)

[dall’edizione Oscar Mondadori del Giocatore invisibile di Giuseppe Pontiggia]

Altri testi di sconosciuti entravano invece nello spazio, arbitrario, aleatorio, ma anche abbastanza preciso, della pubblicabilità. Allora cominciavano i dubbi, un interesse inquieto, l’attesa che arrivassero le pagine che lo facessero decidere per il sì o per il no. A volte però non arrivavano e le esitazioni continuavano dopo l’indice, lo seguivano mentre andava in corridoio, dove incontrava sempre qualcuno della famiglia, uno dei suoi due figli o la moglie o la suocera, ai quali diceva qualcosa di generico per distrarsi e tornare poi a sdraiarsi sul divano. Sapeva però che questo non serviva e che solo riflettendo molto tempo, seduto davanti alla macchina da scrivere, trovava le parole per capire quello che provava e contemporaneamente per dirlo.
Non c’erano invece problemi quando gli autori erano quei nomi noti che appartenevano alle cosiddette “scuderie” degli editori: allora il suo giudizio, anche se negativo, non cambiava il destino di nessuno, né poteva mutare il corso di una vita (questa idea però lo turbava sempre meno, visto che sono troppe, o troppo poche, le cose che la cambiano). Il testo veniva pubblicato puntualmente e talora lui diceva nel risvolto di copertina il contrario, o quasi, di quanto aveva detto nel giudizio. Bastava cambiare gli aggettivi, sostituire “monotono” con “avvincente” o “esangue” con “vitale”. L’incongruenza diventava “libertà fantastica”, il patetismo “pathos”, l’arbitrio “coerenza”. Con “rigore” e “autenticità” non si sbagliava mai, soprattutto se accoppiati; e, tra gli aggettivi, l’àncora di salvezza era “sconvolgente”: “mica male” (nel migliore dei casi) sarebbe stata l’espressione più adeguata, ma “sconvolgente” era l’espressione che si usava. Smussando così gli angoli e colmando i vuoti, chiamando le stonature “dissonanze” e l’omertà “riserbo”, scriveva il risvolto di libri immaginari, rispondenti solo in minima parte a quelli reali.