SIAMO BUONI SE SIAMO BUONI di Paolo Nori, recensione

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Siamo buoni se siamo buoni, il nuovo romanzo di Paolo Nori pubblicato da Marcos y Marcos

Andate in libreria, aprite a caso Siamo buoni se siamo buoni e iniziate a leggere un qualunque paragrafo: se avete già avuto tra la mani qualche altra opera di Paolo Nori, riconoscerete subito il suo stile, lo humour e la capacità di riprodurre un parlato/pensato che sovverte le regole della letterarietà e della grammatica per reinventarne di nuove; se invece il suo nome vi è sconosciuto, procedete per qualche pagina e verrete conquistati dalla sua inventiva linguistica, altrimenti… beh, altrimenti lasciate perdere.
In Siamo buoni se siamo buoni Nori attraversa con leggerezza le nostre ossessioni quotidiane (come la ricerca di conferme che non bastano a confortarci: «dentro di me avevo ben presente la coscienza della mia insignificanza, che era come esaltata dalla significanza che mi attribuivano gli altri»), trasfigura la propria esperienza (la narrazione prende l’abbrivio da un incidente che ha coinvolto il protagonista, Ermanno Baistrocchi, e molti di voi ricorderanno che lo stesso Paolo Nori, nel marzo 2013, ha trascorso alcuni giorni in coma farmacologico dopo essere stato investito da una moto), delinea una pluralità di storie d’amore; ma è ancora una volta nella singolare forma della scrittura che stabilisce il dialogo con il lettore. Un dialogo in cui talvolta il sarcasmo lascia il posto a un quieto sentimentalismo, come già suggerisce il titolo, che trova esplicita spiegazione a pagina 43: «Io non sono buono perché sono buono, sono buono se, sono buono». Continua a leggere

NARRATORI DEGLI ANNI ZERO a cura di Andrea Cortellessa, recensione

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Narratori degli Anni Zero, antologia a cura di Andrea Cortellessa, «L’illuminista», n. 31-32-33, anno XI, Edizioni Ponte Sisto, 2011, pp. 702.

Dopo l’antologia Poeti degli Anni Zero curata da Vincenzo Ostuni, il quadrimestrale diretto da Walter Pedullà, «L’illuminista», ha assegnato al critico Andrea Cortellessa il compito di tracciare un bilancio della nuova narrativa italiana e di indicarne gli esponenti più rappresentativi: Narratori degli Anni Zero ne prende in considerazione ben venticinque. Cortellessa sottolinea subito che «ci sono infinitamente più cose nella prosa e nella narrazione “reali”, oggi in Italia, di quante ne prescriva l’odierna filosofia del romanzo» (p. 17), in continuità con Alfonso Berardinelli e quanti accusano la tirannia della forma romanzo nella produzione editoriale; vengono così privilegiati i virtuosi della scrittura rispetto ai “creatori di mondi” e, meritoriamente, particolare attenzione è riservata anche ad autori e raccolte di racconti – sebbene come unico criterio di selezione sia stata indicata la qualità letteraria non «limitata all’autosufficienza espressiva dello stile […], la costruzione narrativa non è affatto una variabile accessoria dei testi; né può esserlo per me la loro “trama ideologica”» (p. 25). Viene invece seguito con maggior fedeltà il principio di non osservare «alcun criterio geografico né (anagraficamente) generazionale» (p. 23) nella scelta dei narratori antologizzati; quanto al limite temporale (gli Anni Zero), sono presi in considerazione coloro che hanno raggiunto – talvolta anche solo fatto intravedere… – la propria maturità artistica nel primo decennio del nuovo millennio e, di conseguenza, l’ordine con cui vengono indicizzati è stabilito dall’anno di pubblicazione della loro prima opera letterariamente compiuta.
Alla prefazione di Walter Pedullà, seguono l’introduzione di Andrea Cortellessa e le venticinque sezioni (una per ciascuno scrittore), divise in presentazione critica dell’autore, biografia, assaggi narrativi, dichiarazioni di poetica e silloge di giudizi critici. La mole dell’opera (circa 700 pagine) ha reso possibile offrire al lettore anche ampi estratti delle opere menzionate – che peraltro il curatore ha saputo selezionare con grande pertinenza –, rendendo Narratori degli Anni Zero, più che un testo di semplice consultazione, un’esperienza concreta di lettura attraverso la pluralità della produzione narrativa italiana di questi anni.
Ma veniamo ai venticinque autori e alle specificità che li hanno resi degni di entrare nel novero dei prescelti: Continua a leggere

Paolo Nori, BASSOTUBA NON C’È (2)

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[dall’edizione Universale Economica Feltrinelli di Bassotuba non c’è]

Adesso son messo che scrivo tutti i giorni tre pagine al giorno. Scrivo, rileggo, correggo e riscrivo tre pagine al giorno. Moltiplicato per trecentosessanta fa milleottanta. Questo significa che, alla fine di ogni anno solare, io ho milleottanta pagine rivedute e corrette. Diviso per centocinquanta, fa sette virgola due. Allora, ogni anno, se andiamo avanti così, io scrivo sette romanzi virgola due.
Il mio primo romanzo esce in gennaio. Mettiamo che il mio primo romanzo va bene. Mettiamo che, dopo che ho scritto il mio primo romanzo, mi chiamano vari editori che cercano di legarmi a loro con dei contratti allettanti. Mettiamo che uno di questi editori mi alletta. Mettiamo che firmo un contratto in esclusiva con lui per i prossimi otto romanzi. Mettiamo che lascio gli uffici di questo editore e siamo tutti e due soddisfatti del nostro contratto. Mettiamo che il giorno dopo mi presento negli uffici di questo editore e gli rovescio sul tavolo i miei prossimi otto romanzi. Eh eh. Che l’ha già fatto un cantante, mi sa. Non so poi come è andata a finire. (pp. 68-9)

Paolo Nori, BASSOTUBA NON C’È

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[dall’edizione Universale Economica Feltrinelli di Bassotuba non c’è]

Io sono un martire della letteratura. Ho scritto un romanzo che è piaciuto molto a due editori, uno dei quali molto importante. Molto colpiti. Originale, mi han detto. Ti chiamiamo entro fine luglio, mi han detto. Oggi è l’otto di agosto e son qui in casa che aspetto. (p. 9)

Io sono uno scrittore, che due balle questi scrittori.
Ne ho conosciuti una dozzina, forse di più. Diciamo quindici. Ecco, diciamo, di questi quindici, quasi tutti mi sono simpatici. Tutti coi loro tic, le loro manie. Tutti col loro autore preferito. Tutti con le loro storie con gli editori. Nessuno chiede mai la prima cosa che gli interessa: Ti è piaciuto il mio libro? Ipocriti.
Io, degli scrittori che conosco, quando qualcuno mi chiede È bello il suo libro? dico sempre che fa cagare. Un libro osceno. Dovrebbero bruciarlo nella piazza centrale. A me mi succede così, invariabilmente: quando mi avvicino a un libro che me ne hanno parlato bene, alla fine sono deluso. Sì, niente male, dico. Ma non c’è il fuoco che mi aspettavo. Quando invece sono incuriosito da una critica che stronca il libro da cima a fondo, trovo sempre che, al contrario, non è così male. Che stronzo, quel critico, penso.
Così mi sacrifico per i miei amici scrittori. Non so se loro farebbero altrettanto per me. Non credo. Io, del resto, di libri non ne ho pubblicati.

Se dovessi campare con la letteratura, sarei già morto da tempo. (p. 11)

Dicono, quando tu dici Scrittore, dicono Bello! Sempre Bello! dicono. Come se tutti i libri che hanno letto fossero belli. […] Aspetta, gli dico, aspetta un attimo. Che va bene che ho detto scrittore, ma c’è scrittore e scrittore. (p. 27)

Dieci opere per aspiranti scrittori

Dieci opere per aspiranti scrittori,
che possono essere apprezzate anche dai lettori più esigenti

libri su libri

  1. Bassotuba non c’è di Paolo Nori
    Perché con la sorprendente e intemperante verbosità di Learco Ferrari, aspirante scrittore e alter ego di Nori, manifesta come lo stile sia innanzitutto un personale strumento espressivo.
  2. Chiedi alla polvere di John Fante
    Per l’intensità con cui il protagonista, Arturo Bandini, si strugge nella fame d’amore e nell’ambizione letteraria.
  3. Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
    Che dimostra il valore sovversivo, al pari dei sentimenti, dei libri e della conoscenza.
  4. Gioventù di John Maxwell Coetzee
    Per la crudeltà con cui rappresenta la testardaggine che spesso contraddistingue chi persegue una presunta vocazione letteraria.
  5. Hotel a zero stelle di Tommaso Pincio
    Perché affronta il tormento delle aspirazioni artistiche e della stupidità del nostro tempo, suggerendo un possibile riscatto – ma anche perché fa i conti con alcuni dei più importanti scrittori moderni. Continua a leggere