Paolo Di Paolo – Professione scrittore 10

Paolo Di Paolo

Paolo Di Paolo ha esordito nel 2004, poco più che ventenne, con i racconti Nuovi cieli, nuove carte (Empirìa), finalisti al Premio Italo Calvino. Nel 2008 ha dato alle stampe il romanzo Raccontami la notte in cui sono nato (Perrone, ora Feltrinelli) e successivamente, con Feltrinelli, Dove eravate tutti (vincitore del Premio Mondello) e Mandami tanta vita (finalista Premio Strega). Le sue ultime pubblicazioni sono Tutte le speranze (Rizzoli), che indaga sulla figura e sull’insegnamento di Indro Montanelli, e la favola La mucca volante (Bompiani).
Ha inoltre curato diversi libri-intervista ad alcuni protagonisti del panorama culturale italiano e collabora con il supplemento domenicale del
Sole 24 Ore, con il Venerdì di Repubblica, con la rivista Nuovi Argomenti.

Quando e perché hai iniziato a scrivere?
Amavo l’idea della scrittura e dei libri già da bambino. Immaginavo i romanzi che avrei scritto giocando con le agende di mio padre… Ma i primi veri racconti li ho scritti nell’estate dopo la maturità. Quella libertà mi ha consentito di fare alcuni tentativi, che restano come “prove di voce”.

Come mai sei di recente passato dalla Feltrinelli al Gruppo RCS? Come ha avuto inizio e quali sono state le tappe principali della tua avventura editoriale?
Si tratta di un “prestito”, nato dal dialogo con gli editor Michele Rossi e Beatrice Masini.
La prima tappa fondamentale è stata quella del 2003: la finale del premio Calvino e del Campiello Giovani. Lì ho preso fiducia, poi sono venuti alcuni libri intervista con autori italiani come Maraini e Debenedetti, e il lavoro nella piccola editoria. Un cantiere che mi ha permesso di conoscere e sperimentare un po’ tutti gli aspetti del mondo editoriale. Continua a leggere

Gli esordi italiani e le pubblicazioni più importanti del 2013

Origami-2013

Ho posto agli editor intervistati e ad alcuni giornalisti e critici letterari questa domanda: “Quale ritiene sia stato l’esordio italiano più interessante e quale la pubblicazione più significativa del 2013?”. Ecco le loro opinioni.

Daniela Brogi, critico letterario
Tra le opere italiane d’esordio che sono riuscita a leggere nel 2013, il testo che più mi ha interessato, per la scelta del tema, come per l’ambizione compositiva, malgrado alcune debolezze di tenuta e di stile, è il romanzo A viso coperto, di Riccardo Gazzaniga, già vincitore del Premio Calvino 2012, e pubblicato nella collana Stile libero Einaudi. Ho apprezzato la scelta di costruire una trama che provasse a raccontare la violenza degli Ultras cercando di far entrare la scrittura dentro quel mondo, senza limitarsi a descriverlo sociologicamente. Da questo punto di vista il libro mi è parso originale.
Vedo due tendenze limitanti e prevalenti nella narrativa italiana più recente, anche nei suoi casi più rilevanti: da un lato l’indugio su un mondo molto, troppo prossimo a una quotidianità autoreferenziale e ripetitiva; e, dal lato opposto, l’attitudine a raccontare un mondo che si vuole osservare, sistemare, magari pure moralizzare, senza di fatto entrarci davvero. Ambedue gli aspetti possono essere limitanti, tanto più se si considera che, a dispetto delle letture e degli atteggiamenti postumi rispetto alla contemporaneità, il nostro presente è pieno di cambiamenti epocali e di contraddizioni da narrare.
Tra le pubblicazioni più significative invece segnalo I Melrose, i primi tre romanzi, pubblicati in un unico volume da Neri Pozza – il quarto, Lieto fine, è uscito qualche settimana fa. Il ciclo dei Melrose, scritto da Edward St Aubyn, compone un romanzo famigliare che a mio avviso rimarrà. E ancora, se posso, il romanzo dello scrittore bosniaco Aleksandar Hemon: Il libro delle mie vite (Einaudi), che è un significativo esempio di come la scrittura autobiografica possa mettere in gioco, in senso tanto etico quanto stilistico, questioni più essenziali dell’alternanza tra fiction, autofiction e non fiction, praticata, in Italia, con un gusto e una postura che talvolta corrono il pericolo di rinchiudersi nella maniera.

Raoul Bruni, critico letterario
Alla prima domanda rispondo: La caduta (Nutrimenti) di Giovanni Cocco; alla seconda: la traduzione integrale in inglese dello Zibaldone di Leopardi, curata da Michael Caesar e Franco D’Intino per l’editore statunitense Farrar, Straus and Giroux.

Serena Casini, junior editor della narrativa italiana ilSaggiatore
Personalmente guardo con curiosità a Francesco Formaggi, che quest’anno ha esordito con Neri Pozza con Il casale: controllato e metodico nella scrittura, attento alle pieghe della mente, la cui parola ha una sensibilità rara.
Difficilissimo dire quale sia per me la pubblicazione più significativa del 2013. Molto. E allora vado di affetti e di pancia e compaiono nella mente due nomi, e mi dispiace che siano non italiani ma così mi è venuto: La festa dell’insignificanza di Kundera, uscito per Adelphi (ho amato la chiacchierata dei cinque amici ritratti con ironico cinismo dal praghese-parigino), Stella distante (Adelphi) di Roberto Bolaño, che recensii con amore su Bookdetector.

Gabriele Dadati, editor della narrativa italiana Laurana Editore
Per me l’esordio italiano più interessante del 2013 è il romanzo L’ordine di Babele di Flavio Villani, che è stato pubblicato da Laurana Editore a novembre scorso. Pazienza se l’ha pubblicato l’editore di cui sono consulente, e quindi mi si taccerà di conflitto d’interessi, ma quello di Flavio è un libro come non se ne vedevano da anni. Non solo nell’ambito della narrativa italiana. Un libro veramente prodigioso.
La pubblicazione più significativa? Direi più che altro la decisione editoriale più significativa: quella di Adelphi di rimettere in commercio, uno dopo l’altro, i titoli dispersi di Emmanuel Carrère, a cominciare dal più importante: L’avversario.

Jacopo De Michelis, responsabile narrativa Marsilio Editori Continua a leggere

Paolo Di Paolo, MANDAMI TANTA VITA

[dal romanzo Mandami tanta vita di Paolo Di Paolo, pubblicato da Feltrinelli]

[…] gli manca, per esempio, il rumore di una tipografia.
[…] L’odore della carta. Lo spessore, della carta. Le casse da schiodare con le prime copie dentro – e quell’istante in cui, presa a caso la prima, preghi quasi in ginocchio che tutto sia perfetto, che nessuna pagina sia sbiancata, cominciare a leggere, lì in piedi, nel rumore, come se quelle parole fossero nuove, sconosciute, perché un libro, quando è diventato un libro, è una cosa nuova, una cosa che prima non c’era […].
Questo è il bello di fare l’editore, il compito grande delle tipografie: fare esistere le parole, le idee. Con un occhio ai conti, quattro librerie modello per stare dietro alle oscillazioni del mercato, si può fare tutto, senza rinunciare a fare cultura. La crisi è sempre esistita e continuerà, è soltanto un alibi.