Alcune considerazioni a partire dal nuovo studio Istat sull’editoria e sulla lettura.
L’Italia, che già era in coda alle classifiche europee, consolida nel 2013 la sua posizione: il numero di lettori sul totale della popolazione di più di sei anni passa dal 46% al 43%. E si badi che per “lettori” si intendono tutti coloro che hanno letto per motivi extra lavorativi anche solo un libro l’anno e che magari hanno sul comodino le Cinquanta sfumature di grigio della James e l’opera omnia di Fabio Volo.
I “lettori forti”, ossia che leggono almeno un libro al mese, sono solo il 13,9% della popolazione: ne consegue che non possano esser loro a dettare le politiche editoriali e questo contribuisce a spiegare la costante tendenza al ribasso degli standard letterari delle opere pubblicate.
Dire che stiamo messi male è un eufemismo.
Continuano a esserci forti disparità tra il Sud e il resto d’Italia ed è eclatante che ad esempio in Puglia legga solo il 29,4% della popolazione, a fronte di un clima politico vivace e del moltiplicarsi di associazioni culturali (a partire dai Presidi del libro) e di festival ed eventi letterari. Si spera che la legge regionale a sostegno del libro e della lettura possa risultare efficace ed essere poi esportata nelle altre regioni del Mezzogiorno, con percentuali di lettori altrettanto imbarazzanti (Calabria 29,3%; Campania 28,9%; Sicilia 27,6%).
A fronte di un numero così esiguo di bibliofili, nel 2012 sono stati comunque pubblicati 59.230 titoli (uno sproposito), la cui tiratura media è stata, per la prima edizione, di soltanto 2.747 copie.
“I piccoli e medi editori, cioè quelli che pubblicano non più di 50 titoli all’anno, rappresentano l’88,5% del numero complessivo di editori attivi, ma sono i pochi grandi editori a pubblicare quasi i tre quarti (74,4%) dei libri proposti ai lettori”: che questo rappresenti un impoverimento della scelta culturale è evidente Continua a leggere