L’ADORAZIONE E LA LOTTA: Antonio Moresco, meglio teorico che scrittore?

Antonio MorescoMondadori ha da poco pubblicato una raccolta di saggi sulla letteratura di Antonio Moresco, L’adorazione e la lotta

Pur avendo letto diverse opere di Antonio Moresco, non ne ho mai recensita nessuna, forse perché non avrei saputo spiegare come potessero convivere in me l’ammirazione per la sua radicalità, per la visionarietà di alcuni brani, per l’urgenza della sua scrittura e il tedio che provavo per pagine e pagine, quando la prosa diventava sovrabbondante e venivano ripetute per l’ennesima volta le stesse immagini. Per Gli esordi ho pensato che fosse stata l’aspettativa eccessiva a condizionarmi; per Fiaba d’amore il fatto che si trattasse appunto di una favola che con grazia si riprometteva solo di raccontare un sentimento; Gli increati, però, che pure è una delle opere italiane dall’incipit più potente e originale, è per me stata la conferma che come scrittore Moresco non riesce a emozionarmi né a scardinare o rinnovare davvero la mia percezione del mondo, a dispetto del suo talento (di cui per altro è ben consapevole): è come se il porsi al di là dei canoni narrativi finisse per farmi (o per fargli) smarrire il tracciato. Continua a leggere

Antonio Moresco e la letteratura

antonio moresco

Da una replica di Antonio Moresco a Nicola Lagioia

La letteratura incide, può incidere nella polpa dei viventi e del mondo. Può essere anche senza mediazioni, frontale. Può portare dolore, e questo dolore può tornare indietro anche in chi ne scrive. Ma non è questo il suo solo orizzonte e il suo limite. Alcune delle cose scritte nero su bianco in Lettere a nessuno sono pesanti e gravi, lo so, ma le penso sinceramente e profondamente e allora le ho dette con chiarezza e senza nascondermi, sapendo ciò cui andavo incontro. Lo so, bisognerebbe essere meno appassionati e implicati, più prudenti, più equilibrati. Ma guarda che a forza di equilibrio si finisce per diventare equilibristi, a forza di essere prudenti si finisce per diventare consenzienti. Io almeno riesco a vivere solo così, come uomo e come scrittore, anche se so che non è la strada più facile, anche se so che probabilmente non c’è speranza, che le battaglie vere sono quasi sempre perdute, che a comportarmi così non andrò in paradiso, non mi faranno andare in paradiso. Lo sapevo, scrivendo questo libro prima di gettarmi nella conclusione di Canti del caos, che non si deve fare, che non conviene, che il mondo in cui viviamo non funziona così, che il mondo della cultura non funziona così, che persino gli scrittori – e persino adesso – pensano di avere qualcosa da perdere. […] Certe volte la vita sanguina. Anche la letteratura non è senza sangue.

Qui trovate sia la lettera di Lagioia, sia la risposta completa di Moresco:
http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2008/12/10/caro-antonio-caro-nicola/

Dieci opere per aspiranti scrittori

Dieci opere per aspiranti scrittori,
che possono essere apprezzate anche dai lettori più esigenti

libri su libri

  1. Bassotuba non c’è di Paolo Nori
    Perché con la sorprendente e intemperante verbosità di Learco Ferrari, aspirante scrittore e alter ego di Nori, manifesta come lo stile sia innanzitutto un personale strumento espressivo.
  2. Chiedi alla polvere di John Fante
    Per l’intensità con cui il protagonista, Arturo Bandini, si strugge nella fame d’amore e nell’ambizione letteraria.
  3. Fahrenheit 451 di Ray Bradbury
    Che dimostra il valore sovversivo, al pari dei sentimenti, dei libri e della conoscenza.
  4. Gioventù di John Maxwell Coetzee
    Per la crudeltà con cui rappresenta la testardaggine che spesso contraddistingue chi persegue una presunta vocazione letteraria.
  5. Hotel a zero stelle di Tommaso Pincio
    Perché affronta il tormento delle aspirazioni artistiche e della stupidità del nostro tempo, suggerendo un possibile riscatto – ma anche perché fa i conti con alcuni dei più importanti scrittori moderni. Continua a leggere

Antonio Moresco, LETTERE A NESSUNO (3)

lettere a nessuno[dall’edizione Bollati Boringhieri di Lettere a nessuno]

Aldo Busi vs Antonio Moresco

«C’è qui un problema imbarazzante – dice Franchini ad Aldo Busi – un libro di ottocento cartelle, un’opera ambiziosa… ma come si fa a pubblicarla! Bisogna dar retta alle ragioni dell’editore o a quelle dell’autore? Tu cosa dici?»
«A quelle dell’editore» risponde Aldo Busi.
«Sì – provo a dire – in fondo sono d’accordo…»
«No – dice Aldo Busi – in fondo e anche in principio».
Vorrei riuscire perlomeno a obiettare che è a volte accaduto che l’editore stesso non fosse evidentemente cosciente di quali fossero le sue stesse ragioni… […]
«Tutto dipende comunque dalla grana della scrittura» concede Aldo Busi alla fine.
«Su questo siamo d’accordo».
«È il primo che scrivi?» mi chiede.
«Ho cominciato a undici anni. Ormai ho perso il conto…»
«È un libro intellettuale?» mi domanda ancora.
[…] «Ma no – provo a dire – è un libro viscerale e mentale».
«Hai qui il dattiloscritto? – mi dice improvvisamente – Fammi leggere la prima pagina. Basta leggere quella!»
Gli dico che non sono d’accordo, che se legge la prima cartella degli Esordi non gli piace di certo. E vorrei aggiungere anche che non è detto che dalla prima cartella si possa capire, come si dà per scontato oggi… che ci sono decine di splendidi libri che cominciano piano, come in punta di piedi, che c’è chi in casa ci entra con una spallata e chi ci entra senza far rumore, in silenzio […]

Antonio Moresco, LETTERE A NESSUNO (2)

[dall’edizione Bollati Boringhieri di Lettere a nessuno]

Cosa sarebbe successo se a questa odierna omologazione e azzerante pratica dell’editing fossero stati sottoposti (in modo del tutto «legittimo» si potrebbe persino, su questa base, teorizzare) non solo testi come La Recherche, l’Ulisse, ma anche testi più brevi e di debordante novità formale e spirituale e ricchi di potenti «scompensi di struttura» come Moby DickIl castello?

Antonio Moresco, LETTERE A NESSUNO

[dall’edizione Bollati Boringhieri di Lettere a nessuno]

Editori. Mandato finora a: Garzanti, Feltrinelli, Rizzoli. Nei prossimi giorni, con grande angoscia, se potrò, ancora ad Adelphi.
Ma com’è infinitamente penoso, dopo aver scritto per molti anni un libro come questo, dover poi mendicare come un pezzente anche solo la lettura, e dover scrivere tante letterine a questo e a quell’editore per dire quant’è bello e quant’è irradiante, sentirsi sempre di più come il vu’ cumprà degli Esordi