Il delicato e convincente esordio narrativo di Marco Peano: L’invenzione della madre
Quando ho saputo della pubblicazione per minimum fax dell’Invenzione della madre di Marco Peano, editor Einaudi, sono rimasto sorpreso e mi sono chiesto se dopo La luce prima fosse possibile scrivere un altro romanzo incentrato sull’agonia di una madre e sul perdurare del legame con suo figlio, se Emanuele Tonon non avesse già esaurito la possibilità di raccontare il dolore e l’amore nelle loro forme più pure e laceranti. Invece è come se i due romanzi finiscano per comporre un dittico.
Nella Luce prima la narrazione è in prima persona, in un tempo contiguo alla perdita che rende il dolore un’eruzione incontrollabile, intima e struggente; nell’Invenzione della madre la storia è in terza persona e la morte del genitore risale agli inizi del 2006, dunque è come se chi racconta abbia recuperato la lucidità per ripercorrere quel tempo di sofferenza ed esaltazione (per ogni istante ancora condiviso, per ogni gesto carico di significanza) e abbia ormai acquisito la consapevolezza che l’esclusività di una simile esperienza è mendace, ma anche che, a dispetto di quanto si creda, «si è orfani una volta e per sempre». Continua a leggere