Cartongesso di Francesco Maino, un esordio capace di coniugare letteratura e impegno
Vincitore del Premio Calvino 2013, Cartongesso (Einaudi) di Francesco Maino è uno di quegli esordi che restituiscono fiducia nella capacità della narrativa italiana di raccontare il nostro tempo e di ridefinire i canoni letterari.
Si sostanzia delle amare considerazioni del protagonista sulla realtà che lo circonda, tanto che è stato definito “romanzo invettiva”, e se non c’è una trama tradizionale ben definibile c’è però la storia del degrado italiano degli ultimi decenni: «Maledetti insaponatesi, maledetti italiani, penso io, gente che ha fallito la propria missione, si è giocata la vita così: ha scelto d’auto-asfaltarsi, ha scelto di pasteggiare a catrame, ha scelto gli auto-lavaggi, ha scelto le borsette di plastica e la grande distribuzione, le mandorle di compiacenza, la mona abusiva, la convenienza. […] questo paese non è avanzato di un solo centimetro in cinquant’anni (50). Anzi, è indietreggiato. E a forza di camminare all’indietro e disperdere le scorte di democrazia e passione civile è stato annientato. È stato venduto. Ha perso ogni identità».
Se l’Italia intera è un luna park dell’imbarbarimento, la giostra su cui si trova il protagonista-narratore è il Veneto orientale. Michele Tessari, che con Francesco Maino ha molto in comune, vive infatti a Insaponata (San Donà di Piave) ed è un avvocato affetto da disturbo bipolare; la sua vicenda personale si delinea attraverso frammenti di esistenza disseminati lungo il corso del suo torrenziale monologo: dai traumi dell’infanzia agli amori corrisposti e non, dal legame con i famigliari al percorso di studi, dal praticantato alla corte di uno sciacallo al tentativo di aiutare extracomunitari e derelitti. Continua a leggere