Non è il mondo che deve dirci chi siamo

Di seguito alcune considerazioni pubblicate da Enrico Macioci sul suo profilo Facebook e che mi ha permesso di condividere qui.

Mi stupisce sempre l’interrogativo: chi non guadagna abbastanza coi suoi libri può definirsi scrittore? Mi stupisce perché sottintende che lo scrittore, prima di dirsi tale, debba ottenere il permesso dal mondo sotto forma di “successo”, un concetto subalterno a molteplici e variabili fattori, e non per forza probante di certe qualità.

Se credere di essere un genio quando (o perché) le case editrici ti rifiutano, o credere di non vincere premi o di non vendere molto perché non allineati al “sistema” può sconfinare nel delirio, credere che la propria identità dipenda da un riconoscimento esterno (economico, critico, eccetera) è altrettanto delirante. Guido Morselli non era uno scrittore, dunque; e nemmeno Franz Kafka o Emily Dickinson. E Van Gogh non era un pittore. E Wittgenstein, ritiratosi a insegnare in una scuola elementare austriaca, non era un filosofo.

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Ricognizione (parziale) della nuova narrativa italiana

Negli ultimi mesi ho letto diversi romanzi di autori esordienti italiani: nel complesso ho trovato una buona qualità di scrittura, ma ad avermi colpito sono stati solo due. Prima di soffermarmi su questi però vorrei suggerirvi altri quattro romanzi italiani che hanno suscitato il mio interesse tra quelli letti di recente.

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Scrivere nella pandemia

Day and Night_Maurits Cornelis EscherÈ possibile scrivere nella pandemia? È possibile leggere? Le riflessioni di tre autori di talento: Cristò, Enrico Macioci e Paolo Zardi.

 

Qual è la morale della storia? Semplicemente questa: che uno scrittore americano a metà del ventesimo secolo è sfiancato dal tentativo di capire, descrivere e quindi rendere credibile la realtà americana che stupisce, dà la nausea, fa infuriare e finisce per creare imbarazzo a chi si trova ad avere un’immaginazione un po’ debole. L’attualità continua a mostrare i suoi talenti, e butta fuori, ogni giorno, personaggi che sono l’invidia di tutti i romanzieri.
(Philip Roth da Writing American Fiction – traduzione di Paolo Zardi)

 

Cristò:
È cominciata così: ho mandato un messaggio WhatsApp a Enrico Macioci e a Paolo Zardi; lo stesso messaggio ma separatamente. Avevo bisogno di sapere se anche loro, scrittori che stimo e soprattutto sento vicini per poetica e visione del mondo, se anche loro – dicevo – stessero reagendo come me alla quarantena nazionale derivata dalla pandemia da Covid-19.
Il messaggio era questo: Continua a leggere

L’OMBRA DELLO SCORPIONE di Stephen King, la malattia e la condizione umana

The-Stand-Stephen-King-Serie-TvLa lettura di Enrico Macioci del romanzo di Stephen King alla luce dell’attuale pandemia e oltre

The stand, tradotto in italiano da Bompiani come L’ombra dello scorpione, lo lessi una prima volta ai tempi del liceo; l’ho riletto nel gennaio del 2020, un mese prima dello scoppio della pandemia. L’effetto è adesso straniante. Può capitare di leggere qualcosa che si è vissuto; vivere qualcosa che si è letto è molto più raro. Rarissimo, poi, se questo qualcosa riguarda tutti noi. Nel 1978 Stephen King fu lungimirante se si eccettuano due dettagli: a) la gravità del virus (per fortuna il Covid-19 è assai meno letale di Captain Trips); b) i social. La cosiddetta infodemia che sta accompagnando la pandemia nel libro non ha luogo – né ci sarebbe stato margine, estinguendosi il novantanove per cento dell’umanità nell’arco di un paio di settimane. Dove lo scrittore del Maine si rivela un maestro è nel tracciare il funzionamento della psiche individuale e collettiva. Distrazione, incredulità, cialtroneria, allarme, panico e infine orrore scandiscono la presa di coscienza del pericolo, descrivendo una traiettoria ricalcata dall’odierna emergenza. Continua a leggere

Ecco i migliori blog letterari italiani (2)

classifica blog letterariAl primo post sui migliori blog collettivi italiani che si occupano di libri e cultura segue il secondo, come promesso, e ce ne sarà anche un terzo, dal momento che l’iniziativa ha riscosso consenso e attenzione e alla fine hanno aderito quasi tutti gli interpellati. Ovviamente continuerà a essere una rassegna parziale, ma indicativa di una piazza virtuale in cui a occuparsi di letteratura sono in tanti e spesso lo fanno con grande professionalità e competenza, oltre che con passione. Continua a leggere

Pubblicazioni recenti: appunti di lettura e quarta pagella

Stamattina stasera troppo presto di James Baldwin, Karma clown di Altaf Tyrewala, I difetti fondamentali di Luca Ricci, La cosa giusta di Michele Cocchi, Satantango di László Krasznahorkai, Zero K di Don DeLillo, Povera patria di Stefano Savella, Lettera d’amore allo yeti di Enrico MaciociIn questa quarta pagella molto spazio ai racconti con Stamattina stasera troppo presto di James Baldwin, Karma clown di Altaf Tyrewala e I difetti fondamentali di Luca Ricci; una bella sorpresa, il romanzo La cosa giusta di Michele Cocchi, e poi due “classici contemporanei”, Satantango di László Krasznahorkai e Zero K di Don DeLillo. Infine, qualche nota su Povera patria di Stefano Savella e Lettera d’amore allo yeti di Enrico Macioci: due testi che mi sembrava ingiusto non menzionare e scorretto valutare, dal momento che nel tempo la stima per i due autori si è tramutata in amicizia. Continua a leggere

Intervista a Sandro Campani, autore del GIRO DEL MIELE – Professione scrittore 22

sandro-campani-autore Einaudi-intervistaIl giro del miele di Sandro Campani è la storia di due sconfitti che non si sono arresi: l’anziano Giampiero, che ha portato avanti la falegnameria di Uliano, e il figlio di quest’ultimo, Davide, che della passione per l’apicoltura non è riuscito a farne un lavoro. Trascorrono insieme una lunga notte di confessioni per riappacificarsi con il passato, in cui uno ha finito per ingannare le persone che ama e l’altro per compromettere la relazione con Silvia, l’unica donna che abbia mai desiderato. Intorno a loro e nei racconti, nei ricordi, è vivido l’Appennino tosco-emiliano, con i suoi paesaggi e le sue atmosfere, ed è questa simbiosi con la natura, insieme ai temi della paternità (non sempre biologica) e dello scarto tra aspirazioni e realtà, a imporre un parallelismo con Le otto montagne. Come quella di Cognetti, poi, la scrittura di Campani è sorvegliata, matura, attenta ai dettagli e per giunta capace di calcare le battute su chi le pronuncia, impiegando dove occorre costrutti e termini dell’oralità. Il giro del miele è il quarto romanzo di Sandro Campani, qui di seguito intervistato. Continua a leggere

Intervista a Enrico Macioci – Professione scrittore 13

Enrico Macioci, intervista, Breve storia del talentoÈ da poco in libreria Breve storia del talento (Mondadori), che racconta con sguardo limpido e acuto l’adolescenza, con i suoi interrogativi e turbamenti, con le sue estasi e i suoi sfregi: il protagonista-narratore è un ragazzo segnato da una difficile educazione sentimentale e, ancor più, dallo scomodo confronto con un amico capace di far prodezze con il pallone tra i piedi. L’esordio di Enrico Macioci risale però al 2005 con L’alba (Tracce), cui sono seguiti la raccolta di racconti Terremoto (Terre di mezzo) e il romanzo La dissoluzione familiare (Indiana). Suoi scritti sono anche apparsi su Il primo amore, Nazione indiana, Nuovi Argomenti, Vibrisse.

«Le due faccende – la masturbazione e la scrittura, specie delle poesie – mi sembravano non solo connesse ma coincidenti, le due facce della medesima, fasulla moneta. Entrambe cagionavano vergogna, entrambe richiedevano isolamento, entrambe si nutrivano di fantasia»: queste le considerazioni del protagonista di Breve storia del talento. Il tuo rapporto con la scrittura è stato altrettanto problematico?
Uhm, temo di sì. La celebre e magnifica poesia di Rimbaud, I poeti di sette anni, spiega tutto molto meglio di come potrei fare io. La scrittura per me è arrivata precocemente e dunque non ero pronto, a livello emotivo, per gestire una cosa che in qualche modo mi distingueva, rendendomi diverso. Col tempo poi mi resi conto che questa diversità ero più io a vederla – o a immaginarla – e che tutt’al più produceva interesse quando non addirittura ammirazione, ma tant’è: oramai la frittata era fatta. Così ho smesso di scrivere (e leggere!) per qualcosa come tredici anni, dai 14 ai 27, ficcandomi in un vicolo cieco e durando poi gran fatica a venirne fuori. Continua a leggere