
Dopo aver pubblicato le indicazioni degli editor, ecco le risposte dei critici letterari alla domanda su quale ritengono sia stato l’esordio italiano più interessante e quale la pubblicazione più significativa degli ultimi mesi.
Daniela Brogi, critico letterario
Per l’esordio indicherei Cartongesso, di Maino (Einaudi), Premio Calvino 2013. Per due motivi, sinteticamente parlando: perché Maino racconta una storia interessante da sperimentare attraverso la scrittura; perché costruisce un punto di vista e un dispositivo di selezione tematica e compositiva proprio attraverso il linguaggio, come in modi diversi accade anche in Stati di grazia, di Davide Orecchio (il Saggiatore). Questi due romanzi, cioè, lavorano sul linguaggio, lo trasformano in voce, per costruire, inventare, realtà, senza rimanere intrappolati nel manierismo (come mi pare accada a Roderick Duddle, di Mari, e in parte, e purtroppo perché è uno degli scrittori che più apprezzo, ne La gemella H, di Falco – entrambi Einaudi).
Quanto alla seconda parte della domanda, bisogna prima capire cosa si intenda per significativa. Ragionando in termini di successo editoriale, e facendolo senza rimanere troppo attaccati a certe forme di dandismo romantico, ma cercando davvero di capire e di non trattare il pubblico come “la gente” ma come un’aerea che consuma storie in modo spesso molto meno stupido di quanto si vorrebbe credere; attuando questo spostamento di sguardo e di attenzione, la pubblicazione più significativa è Il cardellino di Donna Tartt (Rizzoli), che attesta un bisogno di una misura borderline delle narrazioni di qualità rivelato anche dalle serie tv e che vale la pena di trattare più seriamente. Se si tratta invece di riferire il senso di “pubblicazione significativa” all’ambito più ristretto del giudizio di valore, direi senz’altro Il posto di Annie Ernaux, per due motivi. Perché la casa editrice L’Orma ha portato in Italia un’autrice davvero importante, una scrittura che scava nella memoria trasformando la scissione in dispositivo compositivo; e perché grazie a lei, come al Nobel a Alice Munro, abbiamo degli ottimi anticorpi, e non sono i soli, per rimanere più immuni alle tante semplificazioni e pregiudiziali sulla cosiddetta “letteratura delle donne”.
Raoul Bruni, critico letterario
Tra gli esordi più importanti dell’anno appena trascorso, molti indicheranno, con buone ragioni, Cartongesso (Einaudi) di Francesco Maino, che si è aggiudicato il Premio Calvino ed è sicuramente un debutto letterario da tenere in considerazione; per quanto mi riguarda, vorrei segnalare un esordio di cui si è parlato meno e che mi è sembrato notevole e singolare: Dettato del ventottenne Sergio Peter, edito nella nuova collana di narrativa di Tunué.
Difficile indicare invece un solo libro importante edito in Italia nel 2014. Mi piacerebbe andare controcorrente e indicare un epistolario, anche perché credo che la quasi totale estinzione della scrittura epistolare, almeno nella forma tradizionale, rappresenti uno dei più funesti effetti collaterali dell’avvento del web. Mi riferisco al carteggio tra Guido Ceronetti e Sergio Quinizio, Un tentativo di colmare l’abisso. Lettere 1968-1996, edito da Adelphi, che è, nello stesso tempo, un testo letterario, un eccezionale documento storico-culturale e un trattato asistematico di religiosità eterodossa a due voci.
Alessandro Cinquegrani, critico letterario e scrittore
In un anno di esordi di successo, spesso usciti dalla fucina del Premio Calvino (penso a Come fossi solo di Marco Magini o al Breve trattato sulle coincidenze di Domenico Dara), il più importante è sicuramente Cartongesso di Francesco Maino (Einaudi), già vincitore a sua volta del Premio Calvino 2013. È un testo nel quale sprofondare, un magma solenne e spurio, nel quale l’indignazione sociale diventa un moto dell’anima, un dramma intimo. Ma è la scrittura, la roboante e potente invenzione linguistica a farne un libro decisamente da segnalare: perché con questa pubblicazione non abbiamo scoperto solo un’opera, come capita coi libri di esordio, ma abbiamo scoperto uno scrittore, merce assai più rara e da tutelare con attenzione.
Potrebbe essere questa anche la pubblicazione più significativa del 2014, ma voglio segnalare anche un autore già affermato che ha pubblicato un libro che finora non ha riscosso l’attenzione che merita: si tratta di La sposa di Mauro Covacich (Bompiani). È stupefacente come Covacich, che ha ormai una lunga carriera, riesca a scrivere sempre parole che vibrano in ogni fibra, che rivelano la verità del dettato, non rinunciando tuttavia a una tecnica di grande qualità. In più in questa raccolta di racconti torna a far convergere moventi privati con eventi pubblici, di cronaca.
Infine, segnalo anche un esordio internazionale: Manuale di danza del sonnambulo di Mira Jacob (Neri Pozza), storia di una famiglia indiana emigrata negli Stati Uniti, alle prese con una difficile integrazione. L’autrice concilia felicità narrativa a invenzione simbolica, e si rifà addirittura a Don DeLillo (che cita).
Angelo Ferracuti, critico letterario e scrittore
L’esordio più significativo del 2014 è indiscutibilmente La fabbrica del panico di Stefano Valenti uscito per Feltrinelli, un libro che diventa biografia sociale nel racconto di un padre morto di amianto, e rinomina in modo originale la classe operaia. Un’opera prima che riesce a coniugare impegno civile e racconto del lavoro, rigore stilistico e immaginazione letteraria, cioè quello che si chiede a una buona opera di letteratura. Raramente si assiste a un esordio così consapevole dei mezzi formali, e sono certo che questo autore ci darà in futuro libri necessari e importanti. Mi ha colpito molto anche un libro passato sotto silenzio, Le lunghe notti di Anna Alrutz di Ilva Fabiani (Feltrinelli).
Direi che l’annata è stata molto ricca per quanto riguarda la letteratura italiana, pare finita la stagione intimistica cominciata negli anni ’80, quella dei “giovani scrittori”; sono usciti romanzi di notevole impatto e forza espressiva, come ad esempio quello di Francesco Pecoraro, La vita in tempo di pace (Ponte alle grazie) e La gemella H di Giorgio Falco (Einaudi), che recuperano anche un retroterra storico, elemento che «Lo straniero», la rivista diretta da Goffredo Fofi, ha colto dedicando alla nuova stagione del romanzo italiano una seri di numeri-inchiesta.
Un libro straniero di grandissima qualità che mi ha colpito molto è Il posto di Annie Ernaux (L’Orma), e i racconti di un altro grande stilista, Tobias Wolff, La nostra storia comincia (Einaudi). Continua a leggere →