Qualche domanda sul Premio Italo Calvino

Premio Italo Calvino

Un’intervista a Mario Marchetti, vicepresidente del Premio Italo Calvino dedicato agli scrittori esordienti

Il Premio Italo Calvino, fondato nel 1985 a Torino, è il più importante premio italiano dedicato a opere prime inedite di narrativa. La giuria composta da scrittori, critici e professionisti del mondo editoriale si rinnova ogni anno e ne hanno fatto parte nomi illustri come Natalia Ginzburg, Cesare Segre, Antonio Moresco, Marino Sinibaldi e Tiziano Scarpa.
Il vincitore riceve un premio in denaro di 1500 euro, ma soprattutto la possibilità di essere notato dai principali editori e di suscitare l’attenzione di lettori e critici, anche in virtù degli importanti scrittori scoperti dal Premio Calvino negli ultimi anni, come Francesco Maino (vincitore nel 2013 con Cartongesso, Einaudi),  Mariapia Veladiano, Giovanni Montanaro, Flavio Soriga e Paola Mastrocola. Va anche sottolineato che diversi dei finalisti giungono comunque alla pubblicazione e che a tutti i partecipanti viene inviata una sintetica valutazione dell’opera proposta; del resto la quota di iscrizione è piuttosto elevata: 100 euro per testi sino a seicentomila battute, 120 euro per quelli che superano tale soglia.
Ho intervistato Mario Marchetti, vicepresidente del Premio Calvino, sia per indagare le ragioni del successo delle ultime edizioni, sia per chiarire alcuni aspetti emersi di recente sulle attività di intermediazione e promozione svolte dall’Associazione per il Premio Italo Calvino fondata nel 1991. Continua a leggere

I libri migliori pubblicati negli ultimi mesi secondo i critici letterari

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Dopo aver pubblicato le indicazioni degli editor, ecco le risposte dei critici letterari alla domanda su quale ritengono sia stato l’esordio italiano più interessante e quale la pubblicazione più significativa degli ultimi mesi.

Daniela Brogi, critico letterario
Per l’esordio indicherei Cartongesso, di Maino (Einaudi), Premio Calvino 2013. Per due motivi, sinteticamente parlando: perché Maino racconta una storia interessante da sperimentare attraverso la scrittura; perché costruisce un punto di vista e un dispositivo di selezione tematica e compositiva proprio attraverso il linguaggio, come in modi diversi accade anche in Stati di grazia, di Davide Orecchio (il Saggiatore). Questi due romanzi, cioè, lavorano sul linguaggio, lo trasformano in voce, per costruire, inventare, realtà, senza rimanere intrappolati nel manierismo (come mi pare accada a Roderick Duddle, di Mari, e in parte, e purtroppo perché è uno degli scrittori che più apprezzo, ne La gemella H, di Falco – entrambi Einaudi).
Quanto alla seconda parte della domanda, bisogna prima capire cosa si intenda per significativa. Ragionando in termini di successo editoriale, e facendolo senza rimanere troppo attaccati a certe forme di dandismo romantico, ma cercando davvero di capire e di non trattare il pubblico come “la gente” ma come un’aerea che consuma storie in modo spesso molto meno stupido di quanto si vorrebbe credere; attuando questo spostamento di sguardo e di attenzione, la pubblicazione più significativa è Il cardellino di Donna Tartt (Rizzoli), che attesta un bisogno di una misura borderline delle narrazioni di qualità rivelato anche dalle serie tv e che vale la pena di trattare più seriamente. Se si tratta invece di riferire il senso di “pubblicazione significativa” all’ambito più ristretto del giudizio di valore, direi senz’altro Il posto di Annie Ernaux, per due motivi. Perché la casa editrice L’Orma ha portato in Italia un’autrice davvero importante, una scrittura che scava nella memoria trasformando la scissione in dispositivo compositivo; e perché grazie a lei, come al Nobel a Alice Munro, abbiamo degli ottimi anticorpi, e non sono i soli, per rimanere più immuni alle tante semplificazioni e pregiudiziali sulla cosiddetta “letteratura delle donne”.

Raoul Bruni, critico letterario
Tra gli esordi più importanti dell’anno appena trascorso, molti indicheranno, con buone ragioni, Cartongesso (Einaudi) di Francesco Maino, che si è aggiudicato il Premio Calvino ed è sicuramente un debutto letterario da tenere in considerazione; per quanto mi riguarda, vorrei segnalare un esordio di cui si è parlato meno e che mi è sembrato notevole e singolare: Dettato del ventottenne Sergio Peter, edito nella nuova collana di narrativa di Tunué.
Difficile indicare invece un solo libro importante edito in Italia nel 2014. Mi piacerebbe andare controcorrente e indicare un epistolario, anche perché credo che la quasi totale estinzione della scrittura epistolare, almeno nella forma tradizionale, rappresenti uno dei più funesti effetti collaterali dell’avvento del web. Mi riferisco al carteggio tra Guido Ceronetti e Sergio Quinizio, Un tentativo di colmare l’abisso. Lettere 1968-1996, edito da Adelphi, che è, nello stesso tempo, un testo letterario, un eccezionale documento storico-culturale e un trattato asistematico di religiosità eterodossa a due voci.

Alessandro Cinquegrani, critico letterario e scrittore
In un anno di esordi di successo, spesso usciti dalla fucina del Premio Calvino (penso a Come fossi solo di Marco Magini o al Breve trattato sulle coincidenze di Domenico Dara), il più importante è sicuramente Cartongesso di Francesco Maino (Einaudi), già vincitore a sua volta del Premio Calvino 2013. È un testo nel quale sprofondare, un magma solenne e spurio, nel quale l’indignazione sociale diventa un moto dell’anima, un dramma intimo. Ma è la scrittura, la roboante e potente invenzione linguistica a farne un libro decisamente da segnalare: perché con questa pubblicazione non abbiamo scoperto solo un’opera, come capita coi libri di esordio, ma abbiamo scoperto uno scrittore, merce assai più rara e da tutelare con attenzione.
Potrebbe essere questa anche la pubblicazione più significativa del 2014, ma voglio segnalare anche un autore già affermato che ha pubblicato un libro che finora non ha riscosso l’attenzione che merita: si tratta di La sposa di Mauro Covacich (Bompiani). È stupefacente come Covacich, che ha ormai una lunga carriera, riesca a scrivere sempre parole che vibrano in ogni fibra, che rivelano la verità del dettato, non rinunciando tuttavia a una tecnica di grande qualità. In più in questa raccolta di racconti torna a far convergere moventi privati con eventi pubblici, di cronaca.
Infine, segnalo anche un esordio internazionale: Manuale di danza del sonnambulo di Mira Jacob (Neri Pozza), storia di una famiglia indiana emigrata negli Stati Uniti, alle prese con una difficile integrazione. L’autrice concilia felicità narrativa a invenzione simbolica, e si rifà addirittura a Don DeLillo (che cita).

Angelo Ferracuti, critico letterario e scrittore
L’esordio più significativo del 2014 è indiscutibilmente La fabbrica del panico di Stefano Valenti uscito per Feltrinelli, un libro che diventa biografia sociale nel racconto di un padre morto di amianto, e rinomina in modo originale la classe operaia. Un’opera prima che riesce a coniugare impegno civile e racconto del lavoro, rigore stilistico e immaginazione letteraria, cioè quello che si chiede a una buona opera di letteratura. Raramente si assiste a un esordio così consapevole dei mezzi formali, e sono certo che questo autore ci darà in futuro libri necessari e importanti. Mi ha colpito molto anche un libro passato sotto silenzio, Le lunghe notti di Anna Alrutz di Ilva Fabiani (Feltrinelli).
Direi che l’annata è stata molto ricca per quanto riguarda la letteratura italiana, pare finita la stagione intimistica cominciata negli anni ’80, quella dei “giovani scrittori”; sono usciti romanzi di notevole impatto e forza espressiva, come ad esempio quello di Francesco Pecoraro, La vita in tempo di pace (Ponte alle grazie) e La gemella H di Giorgio Falco (Einaudi), che recuperano anche un retroterra storico, elemento che «Lo straniero», la rivista diretta da Goffredo Fofi, ha colto dedicando alla nuova stagione del romanzo italiano una seri di numeri-inchiesta.
Un libro straniero di grandissima qualità che mi ha colpito molto è Il posto di Annie Ernaux (L’Orma), e i racconti di un altro grande stilista, Tobias Wolff, La nostra storia comincia (Einaudi). Continua a leggere

I libri migliori pubblicati negli ultimi mesi secondo gli editor

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Ho chiesto a editor e critici letterari quale ritengono sia stato l’esordio italiano più interessante e quale la pubblicazione più significativa dell’anno appena concluso; qualcuno ha indicato anche libri dati alle stampe alla fine del 2013, non me ne sono fatto un problema, dal momento che l’intento è semplicemente quello di scoprire gusti e criteri di valore di chi legge per professione, ma anche provare a discernere tra le tante novità librarie quelle che meritano particolare attenzione.
Oggi vi propongo le risposte degli editor (a cui ho consentito di far riferimento anche a testi da loro editati), a breve pubblicherò quelle dei critici.

Gabriele Dadati, editor Laurana
Direi che in casa Einaudi si è fatto notare, per una qualità senz’altro “non omologata”, Cartongesso di Francesco Maino. Ma confesso che nel 2014 ho prestato meno attenzione del solito a questo ambito della produzione libraria, e sono abbastanza sicuro che il mio radar si è fatto sfuggire chissà quanto.
Per quanto riguarda “la pubblicazione più significativa” del 2014 credo sia stata – sul momento, anche se non credo sia un titolo di particolare durata: ma è la sua stessa natura a comportarlo – Il capitale nel XXI secolo di Thomas Piketty (Bompiani). Indico un saggio e non un romanzo perché è talmente addentro al momento storico in cui viviamo che la riflessione a cui induce ci investe davvero con grande forza.

Daniela Di Sora, direttrice editoriale Voland
Per quanto riguarda l’esordio italiano più interessante non sono in grado di pronunciarmi, ci tengo però a segnalare quello che è stato il libro di autore italiano da me più amato nel 2014: La vita in tempo di pace di Francesco Pecoraro, pubblicato da Ponte alle Grazie. Un romanzo perfetto: denso, ben congegnato, appassionante, non riuscivo a staccarmi da quelle pagine in cui ho ritrovato tanto della mia vita, dei miei errori, delle mie insicurezze. Non è un esordio e si sente, Francesco Pecoraro è un autore che domina perfettamente la lingua e la struttura.
Mi ero inoltre proposta di non nominare la Voland, ma credo sinceramente che una delle pubblicazioni più significative del 2014 sia Taccuini 1919-21 di Marina Cvetaeva. Un libro sconvolgente per perfezione linguistica, splendidamente resa in traduzione da Pina Napolitano che è musicista oltre che traduttrice dal russo, e si avverte in queste pagine. Un libro di appunti presi quasi quotidianamente nel corso di quegli anni durissimi per la Russia; alcune pagine sono difficili da sopportare per il dolore che contengono, ma quasi ogni riga potrebbe essere citata: illuminazioni geniali, poesia pura, vita quotidiana affrontata con leggerezza. Un viaggio in un mondo che pochi conoscono, e in un’anima eccezionale nella sua limpidezza e nella sua ostinata volontà di interpretare il mondo.

Alice Di Stefano, editor Fazi
Per il 2014 non ho trovato esordienti di mio gradimento (almeno tra quelli che sono riuscita a leggere quest’anno – Cartongesso di Francesco Maino, ad esempio, mi interessava moltissimo, ma non ho avuto tempo di dedicarmici) se non, naturalmente, due di mia scelta targati Fazi: Adelante di Silvia Noli e La ragazza di Scampia di Francesco Mari, entrambi per la freschezza della narrazione, uno stile originale e una lingua tersa, pulita ma mai scontata. Quindi non saprei che dire al riguardo e passerei direttamente alle opere seconde, terze, quarte, ecc.: Bella mia di Donatella Di Pietrantonio (Elliot) mi è piaciuto molto, confermando il grande talento dell’autrice, così come Lisario o il piacere infinito delle donne di Antonella Cilento (Mondadori). Lacci di Domenico Starnone (Einaudi) è stata una sicurezza; Lezioni in paradiso di Fabio Bartolomei (e/o) un modo per rileggere questo amato autore. L’allegria degli angoli di Marco Presta (Einaudi) infine mi ha riportato alla mente l’intelligente leggerezza di Un calcio in bocca fa miracoli (e non è poco). Segnalo anche la ripubblicazione della Tregua di Mario Benedetti (Nottetempo), un libro delicato, poetico e intensamente profondo, senz’altro difficile da dimenticare.

Linda Fava, ex editor Isbn
L’esordio più promettente e brillante che ho letto nel 2014 forse è Il posto più strano dove mi sono innamorata di Mari Accardi (Terre di mezzo), per il suo stile che sembra implodere di umorismo e commozione.
Un testo molto emblematico del 2014 secondo me è Not That Kind of Girl di Lena Dunham (in Italia pubblicato da Sperling & Kupfer): questa ragazza ormai è diventata l’icona di un nuovo tipo di “girls’ culture”, ha spalancato la strada definitivamente – si spera – a modelli femminili anticonvenzionali, sia dal punto di vista estetico che da quello intellettuale.
Una delle cose più significative accadute dal punto di vista editoriale, invece, è il successo internazionale della tetralogia di Elena Ferrante (e/o): rappresenta il trionfo assoluto dell’orizzontalità e della narrazione lunga, ed è l’unica tra le mie letture dell’anno scorso per cui userei il verbo “divorare”. Continua a leggere

CARTONGESSO di Francesco Maino, recensione

cartongesso_mainoCartongesso di Francesco Maino, un esordio capace di coniugare letteratura e impegno

Vincitore del Premio Calvino 2013, Cartongesso (Einaudi) di Francesco Maino è uno di quegli esordi che restituiscono fiducia nella capacità della narrativa italiana di raccontare il nostro tempo e di ridefinire i canoni letterari.
Si sostanzia delle amare considerazioni del protagonista sulla realtà che lo circonda, tanto che è stato definito “romanzo invettiva”, e se non c’è una trama tradizionale ben definibile c’è però la storia del degrado italiano degli ultimi decenni: «Maledetti insaponatesi, maledetti italiani, penso io, gente che ha fallito la propria missione, si è giocata la vita così: ha scelto d’auto-asfaltarsi, ha scelto di pasteggiare a catrame, ha scelto gli auto-lavaggi, ha scelto le borsette di plastica e la grande distribuzione, le mandorle di compiacenza, la mona abusiva, la convenienza. […] questo paese non è avanzato di un solo centimetro in cinquant’anni (50). Anzi, è indietreggiato. E a forza di camminare all’indietro e disperdere le scorte di democrazia e passione civile è stato annientato. È stato venduto. Ha perso ogni identità».
Se l’Italia intera è un luna park dell’imbarbarimento, la giostra su cui si trova il protagonista-narratore è il Veneto orientale. Michele Tessari, che con Francesco Maino ha molto in comune, vive infatti a Insaponata (San Donà di Piave) ed è un avvocato affetto da disturbo bipolare; la sua vicenda personale si delinea attraverso frammenti di esistenza disseminati lungo il corso del suo torrenziale monologo: dai traumi dell’infanzia agli amori corrisposti e non, dal legame con i famigliari al percorso di studi, dal praticantato alla corte di uno sciacallo al tentativo di aiutare extracomunitari e derelitti. Continua a leggere