La bestia e la parola (parte seconda)

Caspar_David_Friedrich_-_Der_Mönch_am_Meer_Se vi siete persi la prima parte delle considerazioni di Antonio Lillo, vi suggerisco vivamente di rimediare; qui, ecco la prosecuzione che, partendo da questo periodo di quarantena e dai possibili scenari a cui può condurre, intreccia letteratura, cinema e fede

Continuo a parlare di forze etiche ed epidemia globale, lì dove l’epidemia è solo una parte del problema. Le misure di contenimento messe in atto in questi giorni, misure da “tempo di guerra” che restringono fortemente le libertà personali e limitano lo spazio dell’individualità in nome di un principio più alto di comunità a cui partecipiamo a freddo, senza vederci o toccarci, asetticamente attraverso uno schermo, mi hanno fatto pensare a un romanzo solo relativamente legato all’idea di epidemia, ma che affronta a più ampio raggio una riflessione sulla società che potremmo essere a breve. Continua a leggere

La bestia e la parola (parte prima)

Hieronymus Bosch_or_follower_001 (particolare)Alcune considerazioni di Antonio Lillo che si interroga su quanto della nostra “bestialità” stia emergendo in questi giorni, spaziando da Murder Most Foul di Bob Dylan e i social network alla Pelle di Malaparte, per giungere a Epidemia di Bordini

È trascorso appena un mese da che è cominciato tutto questo e già mi arrivano, in quanto editore, opere incentrate sulla vita durante l’epidemia, troppo descrittive e calate nei disagi quotidiani per riuscire a far breccia, ma evidentemente prove generali di qualcosa che sta covando, che si produrrà di qui a breve, appena la giusta distanza temporale ci permetterà di fare sintesi.
Ad oggi, a mio avviso, l’unico a essere riuscito a proporre un’opera degna a commento del periodo è stato Bob Dylan con Murder Most Foul, canzone lunghissima scritta molto prima dell’epidemia e calata dall’alto, come il monolite di Kubrick sulla terra, da una zona fuori dal tempo a raccontarci qualcosa del nostro presente. Il brano, costruito come un collage postmoderno di citazioni a rima baciata, rievoca il giorno dell’omicidio di Kennedy, ma più che di quello parla del rifiuto della comunità americana di elaborare il lutto – morte del padre – e di passare così dallo stato infantile all’adulto, rifugiandosi invece nella grande festa edonistica degli anni ’60 (il verso chiave in tal senso è: «fate i bravi, bambini, e vedrete che i Beatles vi prenderanno per mano»). Il brano di Dylan è enorme e offre numerosi altri spunti di riflessione, ma i temi che più mi interessano di quel lavoro, così come di altre opere citate in questi giorni – La peste, Cecità – e che di sicuro riemergeranno nelle narrazioni future sull’epidemia, riguardano: il particolare rapporto fra identità personale e collettiva e come questo si riposiziona se sottoposto allo stress di una crisi epidemica; ancora, come tale rapporto reagisce in presenza del sacro (lotta bene/male), la cui espressione attraverso il rito è sempre stato uno dei collanti sociali e culturali fondamentali della nostra civiltà, sacro che a sua volta vive oggi una profondissima crisi identitaria. E, ovviamente, come tutto ciò si trascrive in narrazione. Continua a leggere

Piccoli editori con grandi idee (9)

Più passa il tempo, più mi convinco che alle case editrici indipendenti tocchi un compito tanto complesso quanto indispensabile: portare avanti progetti culturali alternativi, che magari hanno un mercato ristretto, ma che pur sempre rappresentano un’esigenza irriducibile per alcuni lettori. Di qui nasce questa serie di post che giunge alla nona puntata e dà ora voce ad Alessandro Polidoro Editore, Pietre Vive, Safarà, Wojtek. Continua a leggere

LETTERA A UN EDITOR, un racconto di Antonio Lillo

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Egregio Editore,
anzi editor, perché credo che all’Editore questa cosa non arriverà mai, a meno che non si decida di farne dei soldi. Caro editor, allora – e sappiamo entrambi che una minuscola davanti al nome e una lettera mancante marcano bene la differenza, ci rendono più simili.
Caro editor, sono qui a proporti questa mia raccolta di racconti di cui forse, dopo tutti i manoscritti, gli strafalcioni incomprensibili, i capolavori incompresi, cinico e duro a tutto ciò che è scrittura come sarai diventato, non te ne fregherà nulla, ma l’indifferenza è reciproca perché per quanto mi riguarda, sei solo una sagoma sfocata dall’altra parte del foglio di carta, l’ombra cinese che mi divide dal mio sogno di pubblicare, sei il mio peggior nemico adesso, più di me stesso. Continua a leggere