Edito da Adelphi il nuovo thriller di frontiera di Omar Di Monopoli
Nella perfida terra di Dio sta raggiungendo un pubblico di lettori molto più ampio e variegato rispetto a quello che già conosceva e apprezzava la scrittura di Omar Di Monopoli e l’impressione è che anche molti critici stiano scoprendo solo ora il quarantenne di Manduria: del resto, gli autori italiani contemporanei nel catalogo Adelphi sono talmente pochi che ogni nuova acquisizione desta sempre un certo interesse. Chi tuttavia ha letto i romanzi Uomini e cani, Ferro e fuoco, La legge di Fonzi o i racconti Aspettati l’inferno, tutti pubblicati con Isbn, e si aspettava che, insieme alla veste grafica più sobria e tradizionale, potessero essere mutati la voce dell’autore o il suo immaginario viene decisamente smentito.
Nella perfida terra di Dio è un romanzo che intreccia le esistenze cariate di un gran numero di personaggi: Tore Della Cucchiara, un criminale che spinto dal desiderio di vendetta fa ritorno a Rocca Bardata, paese immaginario dell’Alto Salento; suo suocero mbà Nuzzo, folle predicatore; Carmine, detto Capumalata, un tempo socio di malaffare di Tore e adesso suo acerrimo nemico; e ancora: l’ambiziosa suor Narcissa, il disadattato Agostino, i due figli di Tore (Gimmo e Michele). Derelitti le cui vite trascorrono prive di ogni orizzonte e in balia di una brutalità cieca: «Dio non c’è. Siamo soli. Viviamo come capita e poi tutto finisce. Non c’è altro», sono le amare considerazioni di Antonia, la compagna di Tore misteriosamente scomparsa.
A fare da sfondo a queste storie di malavita, degrado e superstizione, che si intrecciano nell’alternanza di due piani temporali (prima e dopo), è ancora una volta una Puglia selvaggia, che alle criticità reali assomma dinamiche ed episodi da Far West: non a caso, per le opere di Di Monopoli è stata coniata l’etichetta di “western pugliese” e tra i suoi riferimenti insieme ai nomi di William Faulkner, Flanery O’Connor e Cormac McCarthy compare anche quello di Quentin Tarantino. La specificità della penna di questo narratore è proprio nella commistione di letteratura “alta” e di genere, che si traduce in uno stile composito che amalgama neologismi, gergo e ricercatezza in una scrittura ipotattica, estremamente musicale, che insieme alle tracce della tradizione letteraria statunitense mostra quelle dei nostri Gesualdo Bufalino e Stefano D’Arrigo. Eppure tutto questo non va a scapito del ritmo narrativo, reso implacabile non solo dai numerosi colpi di scena e dalle esplosioni di violenza in pieno stile action movie, ma anche dall’attitudine dell’autore a far agire i suoi personaggi, più che a descriverne pose e stati d’animo.
Per concludere, gli iperletterari thriller di frontiera di Omar Di Monopoli rappresentano un esperimento inedito nella narrativa italiana, che può appassionare o disturbare il lettore, ma che va senz’altro conosciuto.
Per chi ne volesse sapere di più, segnalo due interviste all’autore.
Una recente, a cura di Marco Montanaro, è su Malesangue:
https://malesangue.com/2017/06/15/nella-perfida-terra-di-dio-adelphi-conversazione-con-omar-di-monopoli/
L’altra gliela feci io per PugliaLibre nel 2010, in occasione della pubblicazione della Legge di Fonzi:
http://www.puglialibre.it/2010/09/la-legge-di-fonzi-intervista-a-omar-di-monopoli/
L’ha ripubblicato su l'eta' della innocenza.