Intervista a Stefano Friani, coeditore di Racconti edizioni

logo-racconti-edizioniStefano Friani ha creato insieme a Emanuele Giammarco la Racconti edizioni: una nuova casa editrice che intende ribaltare l’adagio per il quale “i racconti non si vendono” ed è interamente dedicata alle short stories.

Qual è stato il percorso formativo che ti ha portato dalla laurea in Filosofia a creare la Racconti edizioni insieme a Emanuele Giammarco?
In realtà è stato un po’ errabondo. Io ed Emanuele veniamo entrambi da Filosofia, ma abbiamo fatto di tutto per non incrociarci mai: lui studiava i tedeschi, e io ero fissato con gli inglesi e soprattutto con l’evoluzionismo. In questo dissidio c’è tutta l’anima della casa editrice, idealismo ed empirismo, anche se alle volte non saprei dire chi dei due incarni cosa. Poi io sono stato un anno a Londra, con l’idea di rimanerci (il mio orizzonte culturale, di letture e di vita è sempre stato ed è tuttora quello), salvo poi ritornare con le pive nel sacco e tentare senza grandi soddisfazioni la via dell’insegnamento, che ho scoperto non essere per me. Ci siamo finalmente e fatalmente incontrati al Master in Editoria Giornalismo e Management Culturale della Sapienza di Roma, senza il quale non ci sarebbe mai stata la casa editrice né una bella amicizia fondata su citazioni continue di Corrado Guzzanti e Nino Frassica. Le lezioni di professori della caratura di Luca Formenton, Mattia Carratello, Monica Aldi, Fabrizio Farina, Oscar Perli, Mauro Bersani, Carlo Alberto Bonadies, Marco Cassini e tanti altri che sto scordando ci hanno davvero acceso di un fuoco sacro per l’editoria – quello per la lettura ce lo avevamo già. Poi io sono finito all’ufficio iconografico Einaudi, dove ho passato sette mesi meravigliosi in cui ho imparato moltissimo accanto a Monica Aldi, Yara Mavrides, Cinzia Cerrato e Viviana Gottardello (e tanti altri), ed Emanuele alla redazione del Saggiatore. A gennaio 2015, ritornati entrambi a Roma, dopo una serie di battutine e ammicchi al progetto di tirare su una casa editrice che era nell’aria sin dai giorni del Master, ci siamo presi una sbronza colossale in un pub di San Lorenzo e abbiamo deciso di fare la follia. Ma è stata una follia ben pianificata e ragionata, in cui ci siamo buttati anima e corpo (e ci abbiamo buttato pure molte diottrie), tra lo stilare un progetto culturale credibile, un business plan inverosimilmente dettagliato e il tentativo impossibile di onniscienza sull’universo racconto. Ci siamo letteralmente chiusi un anno e mezzo a leggere e studiare (e non è che la situazione sia cambiata poi molto ora). Personalmente, il mio sogno è sempre stato quello di essere pagato per leggere, come il protagonista dei Sei giorni del Condor di James Grady. Soldi non se ne vedono moltissimi, ma almeno si legge eccome. Speriamo solo che abbia l’accortezza di scendere al bar a prendere i panini al momento opportuno!

Racconti edizioni nasce per occupare una nicchia di mercato sottovalutata e perché ritenete che le short stories siano una delle forme letterarie che meglio risponda alle esigenze della contemporaneità. Dopo i primi mesi di attività, quali sono stati i riscontri? Al di là della forma, ci sono tematiche e generi che prediligerete?
Il racconto fa la stessa cosa (narrare una storia) e ci dà la medesima soddisfazione di un romanzo nel minor tempo possibile, e in un momento in cui siamo ammorbati da smartphone, e-mail e una socialità sempre più invasiva, ora che ricavarsi spazi di solitudine in cui leggere è sempre più difficile, troviamo che la short story possa essere una risposta antica a un problema contemporaneo. Non è una questione di tempo libero, in realtà di tempo libero non ne abbiamo mai avuto così tanto (anche perché nel frattempo è scomparso il lavoro), ma più che altro una questione di percezione del tempo e di (reggetevi perché userò una categoria ottocentesca) alienazione dal nostro tempo. Si pensa sempre di più al tempo in termini di «redditività» (tecnicamente lo sto facendo anche io adesso) e leggere è, appunto, un’attività dispendiosa e poco spendibile socialmente, perlomeno da noi. Con lo stesso tempo che impiego per leggermi I fratelli Karamazov (fatelo, non datemi retta!) posso farmi un’idea di venti autori diversi grazie ai loro racconti. Per questo il racconto viene in soccorso a noi, moderni yuppie depauperati, sbalestrati e privi di riferimenti.
Inoltre, come dicevi, il racconto è tendenzialmente snobbato per il vecchio adagio editoriale che i racconti non vendono. Il che ci permette, senza rinchiuderci in una sola area letteraria geografica, di poter pubblicare autori come Philip Ó Ceallaigh che per il fatto stesso che scrive esclusivamente racconti si è visto precluso una casa editrice più grande.
Quanto alle prime risposte che ha suscitato l’operazione mi arrischio a dire che ci abbiamo visto giusto e che erano una casa editrice e uno spazio che mancavano al panorama italiano (e non solo).
Sul tema e sul genere, da buon onnivoro che ha una dieta letteraria assai variegata, mi trovo in difficoltà a risponderti. A novembre uscirà il primo libro italiano di un autore che negli Stati Uniti spopola e che scrive prevalentemente cose horror, ossia Stephen Graham Jones, un pellerossa blackfeet texano che colleziona pick up ed è amico di Lansdale. È la nostra prima incursione nel «genere» e di sicuro ce ne saranno altre, essendo io, da buon metallaro, cresciuto a pane, Wambaugh, Robert Howard e Lovecraft. La costante che guida le nostre scelte – è quasi pleonastico dirlo – è quella della qualità letteraria, che poi siano racconti horror, fantasy, noir o sci-fi cambia poco. Una cosa che posso dire, da amante dei racconti ancor prima che qualsiasi altra cosa, è che adoro i racconti «di attesa», in cui spesso succede poco eppure il narratore riesce a tenere alta la tensione. Ah, e anche che ho un deprecabile penchant per il finale «a sorpresa». Penso che il ko della Lotteria di Shirley Jackson sia una delle cose più dirompenti mai scritte.

Appunti da un bordello turco dell’irlandese Philip Ó Ceallaigh, Lezioni di nuoto dell’indiano-canadese Rohinton Mistry, Sono il guardiano del faro del francese Éric Faye: sono i primi tre testi del vostro catalogo. Nel 2017 pubblicherete anche italiani, giusto? Come sottoporre gli inediti alla vostra attenzione?
Sì, pubblicheremo anche italiani (ci mancherebbe) e per il 2017 sono previste due uscite di cui almeno una – idealmente la nostra prima – sarà un esordiente, la cui identità ci è però tuttora ignota. Ci piacerebbe mettergli accanto un autore più di peso anche per un’operazione in cui si vedano passato e chissà futuro della forma racconto in Italia. Non crediamo molto nel rinchiudere gli scrittori italiani in collane «riserve indiane» e anzi pensiamo che debbano stare al passo e nello stesso catalogo degli importanti scrittori stranieri che pubblicheremo. In generale, leggere i manoscritti per quanto – tornando a parlare di tempo – possa sembrare un’attività antieconomica, è un compito imprescindibile, che peraltro ci permette di saggiare con mano che aria tira e cosa si scrive. Le regole per l’invio si trovano sul nostro sito (www.raccontiedizioni.it): leggiamo i racconti che ci arrivano per posta (no, niente pdf o e-mail, siamo già abbastanza orbi) a patto che siano corredati da una breve nota biografica e da un’altrettanto scarna presentazione del proprio lavoro. Saremo noi a ricontattare in caso di interesse e, facendo una stima sulla mole che arriva giornalmente a via India, leggiamo nello spazio di un paio di mesi di norma. Non restituiamo i manoscritti, non forniamo pareri di lettura a meno che il testo non ci colpisca. Max serietà. No perditempo.

Racconti edizioni è una piccola realtà indipendente: è stato facile ottenere la distribuzione di Messaggerie? Non temete di venir schiacciati dagli altri marchi da loro serviti?
Be’, non saprei dire se è stato facile, ma da parte di EmmePromozione e Me.Li c’è stato subito un orecchio attento alla nostra proposta. Siamo saliti a Milano un po’ come Totò e Peppino (Emanuele aveva persino la giacca) e ci siamo incontrati alla nuova libreria Mondadori, e a loro convincevano soprattutto i libri che avevamo intenzione di fare e il nostro business plan (sul quale il povero Emanuele ha sudato le proverbiali sette camicie). Sinora, in particolare, con EmmePromozione c’è stato un coordinamento, un’attenzione e un ascolto che forse neppure ci attendevamo e dobbiamo dire che ci hanno aiutato in questo nostro percorso e ci stanno tuttora aiutando in modo ammirevole. Stiamo pur sempre imparando un mestiere e, come è lecito attendersi, gli intoppi capitano e anzi non sono infrequenti. Poi è naturale che non ci si può attendere che un colosso simile si prostri ai piedi di una neonata casa editrice. Quanto alle altre case editrici con noi il rischio c’è, ma crediamo di essere abbastanza originali e «nuovi» per crearci un nostro spazio.

Sul modello di minima&moralia, avete creato anche voi un luogo di confronto virtuale (Altri Animali) legato alla casa editrice e curato da Leonardo Neri. Qual è il ruolo dei blog letterari nel panorama culturale italiano? Quanto possono realmente incidere nella promozione di progetti come il vostro?
Sì, minima&moralia è uno dei modelli a cui ci siamo rifatti nell’ideazione del blog e se vogliamo potremmo allargare lo spettro e dire senza troppi fronzoli che minimum fax in toto come casa editrice è stata uno dei punti di riferimento più presenti sia nella nostra formazione di lettori sia in quella di realizzazione del nostro progetto editoriale.
Sul ruolo dei blog letterari nel panorama culturale mi fai una domanda un po’ ostica. Sono una fonte di stimoli e di letture imprescindibile per chi lavora nel campo e non solo, anche se ormai i social stanno cannibalizzando anche quello spazio.
Per quanto la promozione sia senza dubbio importante, la vocazione di Altri Animali è più che altro quella di creare una comunità attorno alla casa editrice e raccogliere una serie di spunti, riflessioni che altrimenti andrebbero persi. Precisamente, il fine di Altri Animali è quello di costruire un ragionamento – il più possibile dissonante orizzontale e plurale – che sia della casa editrice. Inoltre, il martedì pubblichiamo un racconto e così abbiamo aperto un vero e proprio cantiere interno alla casa editrice in cui si pubblicano nuovi talenti e scrittori affermati contemporanei (penso a Ivan Ruccione e Luca Ricci) e autori in pubblico dominio stranieri e italiani (D.H. Lawrence, Guido Gozzano, Roberto Arlt, Edith Wharton, Matilde Serao per citare gli ultimi).

Qualche anticipazione sulle vostre prossime pubblicazioni?
A ottobre usciranno Karma clown. Dispacci da una nazione iperreale di Altaf Tyrewala (tradotto da Gioia Guerzoni), uno scrittore indiano che vive negli Stati Uniti e ha una penna in perenne equilibrio tra il tragico e il comico, e Stamattina stasera troppo presto di James Baldwin (tradotto da Luigi Ballerini), un autore nero americano che sta vivendo una vera e propria renaissance anche grazie a Ta-Nehisi Coates che ne ha fatto un suo modello. Non facendone molti e scegliendoli con cura certosina, si tratta di due libri a cui, prevedibilmente, teniamo moltissimo. Tyrewala è una guida sicura per perdersi nei meandri di Mumbai inseguendo mascotte di fast food, registi di film porno anti-colonialisti e donne delle pulizie il cui bene più prezioso è una bottiglia d’acqua minerale. Baldwin è uno scrittore del canone statunitense e siamo orgogliosi di poterlo pubblicare. In quelle otto storie c’è tutta la sua vita: il razzismo e la falsa coscienza che ne deriva, l’omosessualità, Harlem, il jazz e i club fumosi, l’esilio parigino, il rapporto con un patrigno ministro di culto violento. Un libro importante che mancava negli scaffali delle librerie italiane.

Per concludere: una raccolta di racconti italiani e una straniera che hanno segnato la tua esperienza di lettore?
Visto che si parla della mia esperienza di lettore, mi rifaccio a quello che leggevo da adolescente e che mi ha segnato in maniera inaggirabile. Per quanto riguarda gli italiani non posso non dire Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli, preso per caso in biblioteca, guidato più che altro inconsciamente dal fatto che mi era piaciuto moltissimo Benni (di cui avevo letto tutto) nell’Universale Economica Feltrinelli e piano piano stavo leggendo tutto quello che potevo rimediare in quella (über)collana. Non credo ci sia bisogno che mi esprima sulla qualità del libro in sé, si tratta di un libro di rottura: c’è una letteratura italiana prima e una letteratura italiana dopo. Tondelli è un autore con cui volenti o nolenti bisogna fare i conti, tant’è che ancora oggi non manca di fare da bersaglio polemico e di beccarsi gli strali di alcuni.
Fuori dai patri confini si fa assai più ardua e la scelta per qualche oscuro motivo mi risulta più dilaniante. Dovessi stare al criterio «adolescenziale» sopra enunciato dovrei citare Acid House di Irvine Welsh (che è anche diventato un film geniale e che vale la pena di recuperare) o qualcosa a caso di Bukowski (un altro che per snobismo finisce sempre per essere bistrattato, anche se secondo me il meglio lo ha dato con Post Office e Pulp, non con i racconti), ma, con colpevole ritardo sul resto dell’umanità, ho recentemente scoperto Etgar Keret e secondo me è la cosa più fica e sconvolgente della storia dell’uomo dall’introduzione della regola del retro-passaggio al portiere e voglio gridarlo ai quattro venti: leggete All’improvviso bussano alla porta, ora!

Questo è il sito internet della casa editrice: http://www.raccontiedizioni.it/

E questo quello del blog a essa legato: http://www.altrianimali.it/

Qui le interviste agli altri editori: https://giovannituri.wordpress.com/category/conversazioni-con-gli-editori/

E qui quelle agli editor: https://giovannituri.wordpress.com/category/interviste-a-editor/

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14 thoughts on “Intervista a Stefano Friani, coeditore di Racconti edizioni

  1. Guido Sperandio ha detto:

    Viva l’entusiasmo!
    Peccato che per leggere tutto occorrono gli occhi e gli occhi sono solo due 🙂

  2. Una lettrice ha detto:

    Evviva l’entusiasmo!

  3. vittorionacci ha detto:

    Oppercarver! I salvatori sono arrivati!

  4. Marella Fasano ha detto:

    L’ha ribloggato su Marella Fasano.

  5. […] un bordello turco, Philip Ó Ceallaigh, Racconti (traduzione di Stefano Friani) Misantropi, farabutti, emarginati: sono loro i suoi personaggi preferiti e Ó Ceallaigh li osserva […]

  6. […] clown (traduzione di Gioia Guerzoni) è il quarto volume di short stories pubblicato da Racconti edizioni. Altaf Tyrewala, l’autore, vive negli Stati Uniti ma è nato in India, a Mumbai, e in queste […]

  7. […] stasera troppo presto, James Baldwin, Racconti (traduzione di Luigi Ballerini) Baldwin viene definito “figura di spicco della coscienza nera”, […]

  8. […] nera”, uno scrittore di straordinario talento. A tradurre Stamattina stasera troppo presto per Racconti edizioni è stato Luigi Ballerini, docente di letteratura italiana e poeta, oltre che traduttore: tra le […]

  9. […] Lubrano, Giovanni Battista Menzani, Alessandro Raveggi). E che dire della giovane ed eccellente Racconti edizioni? Caso più unico che raro, ho letto tre loro volumi e mi hanno entusiasmato tutti e tre: Stamattina […]

  10. […] coltre di verde, Eudora Welty, Racconti Edizioni (traduzione di Vincenzo Mantovani e Isabella Zani) Racconti ambientati nell’America rurale e […]

  11. […] casa editrice indie Racconti edizioni. Considerando che Racconti pubblica soltanto… racconti, Stefano Friani e Emanuele Giammarco mi hanno chiesto di creare uno spazio di approfondimento sulla short story […]

  12. […] raccolti in Birra scura e cipolle dolci (Racconti edizioni, traduzione di Leonardo G. Luccone) sono i racconti giovanili di un grande autore e già dimostrano […]

  13. Alessandro Fasanaro ha detto:

    Grazie a voi per l’intervista. Inviero’ a Racconti edizioni alcuni dei miei racconti noir per ragazzi, che ho raccolto sotto il titolo ombrello “Il bello della cattiveria.”

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