I tempi non sono mai così cattivi di Andre Dubus, Sembrava una felicità di Jenny Offill, La carne di Cristò, Di uomini e bestie di Ana Paula Maia, La frontiera di Alessandro Leogrande, Bestiario di Juan José Arreola, Fratelli di sangue di Ernst Haffner, Il brevetto del geco di Tiziano Scarpa, La casa delle parole di Cécile Coulon: cosa li accomuna? Sono stati pubblicati negli ultimi mesi e, dopo averli letti, non ho avuto tempo e modo di recensirli. Provo a rimediare.
La casa delle parole, Cécile Coulon, Keller (traduzione di Tatiana Moroni)
Un romanzo distopico che ribalta la prospettiva di Bradbury in Fahrenheit 451. Qui dunque la lettura non è proibita ma diventa un rito collettivo di manipolazione delle emozioni; non vi sono più scrittori ma solo scrivani, non editori ma “case delle parole” e libri creati e classificati in base alle sensazioni che provocano: queste le ottime premesse, non all’altezza lo sviluppo narrativo.
Voto: 6+
Il brevetto del geco, Tiziano Scarpa, Einaudi
Dopo un’accattivante prefazione in cui si fa riferimento alla misteriosa Nuova Sovversione Cristiana (una sorta di setta d’infervorati credenti), si alternano le vicende di un artista spiantato e quelle di un’impiegata che si accosta alla religione: personaggio convincente il primo, scialbo il secondo. Al tutto fanno da controcanto la voce fuori campo dell’Interrotto – spiegata nel finale – e quella delle parole stesse, che si animano autonomamente come già nelle Cose fondamentali (questo sì, consigliato senza riserve). Qualche buona trovata metaletteraria, uno sguardo interessante sul mondo dell’arte contemporanea, ma romanzo nel complesso deludente: non riesce a sviluppare sino in fondo alcune intuizioni e ambizioni. Peccato, perché Scarpa è uno scrittore di grande talento.
Voto: 6,5
Fratelli di sangue, Ernst Haffner, Fazi (traduzione di Madeira Giacci)
È la storia di una banda di ragazzi randagi che cerca di sopravvivere nello squallore e nel degrado della Berlino dei primi anni Trenta. Anche per lo stile scarno e sincopato dell’autore (un giornalista e assistente sociale), si fa apprezzare più che sul piano letterario per il valore storico-documentario.
Voto: 7-
Bestiario, Juan José Arreola, SUR (traduzione di Stefano Tedeschi)
Finalmente un bestiario in cui gli animali, prima ancora che metafora della condizione umana, sono semplice pretesto per interrogarsi sulle loro peculiarità e sulla bizzarra inventiva della natura. Si tratta non proprio di racconti quanto di ritratti in cui si bilanciano osservazione scientifica e ironia.
Voto: 7
La frontiera, Alessandro Leogrande, Feltrinelli
Una panoramica dei drammatici viaggi verso l’Europa degli immigrati clandestini, in particolare di coloro che fuggono dalla dittatura Eritrea. Con un taglio giornalistico e partecipe, Leogrande indaga ragioni rischi e prospettive di quest’esodo attraverso voci ed esperienze individuali. Ad alcuni capitoli avrebbe forse giovato qualche taglio, ma la prosa e le argomentazioni sono chiare, l’emotività contenuta.
Voto: 7
Di uomini e bestie, Ana Paula Maia, laNuovafrontiera (traduzione di Marika Marianello)
Senza alcuna retorica e con uno stile diretto e crudo (alla Kristóf , per intenderci), la Maia mostra l’abbrutimento degli uomini e i loro soprusi sugli animali; il mattatoio in cui è ambientato il romanzo è molto simile a un lager, del quale tuttavia carnefici e vittime condividono spazi e angosce. Purtroppo alcuni spunti narrativi vengono solo accennati e con i reietti di Ana Paula Maia si vorrebbe trascorre più tempo.
Voto: 7+
La carne, Cristò, Intermezzi
Cristò interseca abilmente due storie: quella del medico Tancredi, impotente dinanzi a una misteriosa epidemia, e quella dell’anziano narratore che vive in un mondo popolato da inoffensivi zombi e in cui il tempo e l’evoluzione tecnologica si sono cristallizzati. Potrebbe sembrare un romanzo horror o distopico, ma la delicata ironia e una scrittura suadente, franta e cantilenante, ne fanno semplicemente un racconto originale e inclassificabile.
Voto: 7,5
Sembrava una felicità, Jenny Offill, nneditore (traduzione di Francesca Novajra)
La narratrice cerca di arginare i suoi disturbi depressivi, ma non le bastano se non per brevi attimi né il matrimonio (ancor prima che vacilli) né l’amore per sua figlia né la bellezza e gli insegnamenti che rintraccia nella letteratura e nella filosofia. La scrittura è ridotta a unità minime (brevi riflessioni, schegge narrative, citazioni) che sorprendentemente compongono un romanzo armonico e intenso: è come vedere una manciata di fotogrammi di un film e afferrane comunque il senso e le omissioni – impossibile non applaudire.
Voto: 8+
I tempi non sono mai così cattivi, Andre Dubus, Mattioli 1885 (traduzione di Nicola Manuppelli)
Andre Dubus è abile nel suggerire le oscillazioni dell’umore dei personaggi, nel soffermarsi senza pedanteria sui particolari delle loro azioni. I tempi non sono mai così cattivi è un’opera sulla volubilità dei rapporti di coppia e sulla fragilità di cui ciascuno si fa carico, ma anche sulla forza irriducibile dei sentimenti, che può sfociare nella violenza o nella redenzione.
Da segnalare in particolare il lungo racconto di apertura, La ragazza carina, che ci introduce nei pensieri di un uomo brutale e cocciuto, per poi spiazzarci passando dalla narrazione in prima a quella in terza e soffermandosi sulla sua ex moglie; infine i punti di vista si alterneranno sino all’epilogo: non è uno sfoggio di bravura, ma un efficace espediente per rappresentare la realtà da angolazioni diverse. Mirabili sono anche Il ragazzo nuovo, in cui il protagonista perde lo sguardo di bambino con il quale considerava la madre e le sorelle, e Anna, che rileva l’incrinatura della relazione tra la protagonista e il suo compagno dopo una rapina. Ma un vero piccolo capolavoro è l’ultimo racconto, Storia di un padre, nel quale Dubus si chiede sino a che punto possa giungere un uomo nel difficile equilibrio tra i propri precetti e la volontà di preservare il futuro di sua figlia.
Voto: 8,5
[…] Qua l’articolo completo. […]
Su Dubus, che non ho ancora letto, sono d’accordo a priori: un gigante. E mi fa molto molto piacere trovare sul podio “La carne” di Cristò – un libro che mi ha entusiasmato follemente e che anch’io metterei sicuramente tra i miei primi tre dell’ultimo anno, e forse anche un po’ più in là.
Sono un fan di Cristò sin dai suoi esordi e suggerisco di leggere anche “That’s (im)possible” e “L’orizzonte degli eventi”.
Quanto a Dubus, è stata una felice scoperta e mi han detto che anche “Non abitiamo più qui” è molto bello.
Confermo, “Non abitiamo più qui” è meraviglioso!
[…] stilare “pagelle” comincio a prenderci gusto, dopo quella dello scorso aprile, eccone un’altra che raggruppa La caduta delle consonanti intervocaliche di Cristovão Tezza, […]
[…] Qui la prima pagella: https://giovannituri.wordpress.com/2016/04/21/ultime-pubblicazioni-la-pagella/ […]
[…] Pagella 1: https://giovannituri.wordpress.com/2016/04/21/ultime-pubblicazioni-la-pagella/ […]