L’esplorazione dell’estremo e dell’incompiutezza nei racconti di Mauro Covacich
Anomalie e La sposa, le due raccolte di racconti di Mauro Covacich edite da Bompiani, compongono un progetto unitario, come suggerisce lo stesso autore dichiarando che derivano dallo «stesso flusso di pensieri sul presente» e aggiungendo che si tratta di «un filone autonomo del mio lavoro in cui talvolta situazioni o comportamenti fuori dall’ordinario mi sembrano rivelare i recessi della cosiddetta vita normale meglio di qualsiasi statistica, e proprio grazie alla loro irriducibile singolarità». Nell’introduzione alla recente edizione di Anomalie, Covacich si esprime anche sul genere adottato: «il racconto è una forma espressiva molto più simile alla canzone che al romanzo, non solo per la sua palese vocazione lirica, ma anche per quanto riguarda la struttura narrativa. C’è un’idea principale, di solito una specie di folgorazione, che si trascina tutto il materiale a folle velocità verso l’epilogo e lo fa lungo una linea retta, che rende difficili, per non dire impossibili, le digressioni. […] A me ha sempre fatto pensare a un tuffo, una caduta a precipizio formalizzata in un gesto, grazie all’inventiva e alla tecnica.»
Tra la pubblicazione di Anomalie e quella della Sposa sono tuttavia trascorsi sedici anni e la lettura ravvicinata delle due opere consente di apprezzare l’evoluzione stilistica di un autore di talento da cui però è ancora lecito attendersi un progresso ulteriore.
Anomalie ha nella ricerca dell’estremo la sua forza e il suo limite; tutti i testi affrontano situazioni paradossali eppure reali: dalla Sarajevo assediata (in cui sono ambientati tre racconti fortemente legati tra loro), all’infermità fisica o mentale, sino alla perversione. Covacich dà prova di una scrittura tagliente, in cui ogni considerazione etica pare sospesa, ma come ammette lui stesso traspare talvolta l’ardore del giovane scrittore che vuole sorprendere ed eccede. Ciononostante, le prospettive adottate, con il frequente ricorso alla prima persona, e gli insoliti spunti narrativi né fanno un’opera interessante e particolare menzione merita almeno il racconto Senza piombo, in cui un ventenne “perbene”, che ha seviziato insieme ai suoi amici un giovane di colore, è costretto a ripercorre la “notte brava” mentre assiste a una messa.
Nella Sposa, finalista sia al Premio Strega sia al Premio Chiara, all’esplorazione dell’estremo si affianca quella dell’insoddisfazione, dell’incompiutezza; rispetto ad Anomalie, lo sguardo sul presente appare più consapevole e penetrante, sembra anche conseguita una piena maturità espressiva, ma sono più labili le relazioni intertestuali, nonostante la presenza frequente del narratore alter-ego di Covacich e il raggruppamento in cinque aree tematiche dei diciassette racconti: ritratti; i miei non-figli; identikit; nevrosi aerobica; favole per bambini vecchi. Spesso, inoltre, la dimensione narrativa è qui sostituita dalla speculazione sull’oggi e dal divertissement, con risultati talvolta apprezzabili (come in Sterilità: un’arguta riflessione sull’avere o meno figli nell’attuale società occidentale), talvolta meno (come in Cattive madri: in cui il delitto di Cogne diventa pretesto per analizzare le diverse declinazioni della maternità). Il modello sembrerebbe essere Ennio Flaiano, a un cui racconto è ispirato Safari; accostamento suggerito anche dalla caustica ironia che caratterizza diversi testi (ad esempio Carla, la cui protagonista è in attesa della telefonata che le svolti il venerdì sera e magari non solo quello).
Degni di nota i racconti Atti impuri, in cui un sacerdote è alle prese con la tentazione; Angela Del Fabbro, che mette in scena il conflitto generazionale in una famiglia normale solo in apparenza; lo struggente e incalzante Un cuore in viaggio e La sposa, che dà il titolo alla raccolta ed è ispirato alla tragica vicenda di Pippa Bacca, l’artista che viaggiava in autostop in abito nuziale e alla quale Covacich concede nel racconto un diverso (e poco convincente) esito della performance.
Non resta ora che attendere la prossima raccolta di racconti di Mauro Covacich, augurandosi che, acquisita ormai la sua cifra stilistica, possa magari recuperare la spregiudicatezza degli esordi nell’ideazione narrativa e l’attitudine dello scrittore che «deve gettarsi in mezzo alle cose, affrontarle, farne esperienza», piuttosto che osservarle da una consapevole distanza.
Qui le recensioni di altre raccolte di racconti:
https://giovannituri.wordpress.com/tag/about-short-stories/
non ho letto anomalie ed ho bevuto il succo amaro de “La sposa” con molto gusto, amo molto la prosa di Covacich