Linda Fava è caporedattrice e editor della narrativa italiana di Isbn e ha curato l’edizione italiana di Le cose cambiano.
Quale percorso formativo e professionale ti ha portato a diventare editor di Isbn Edizioni?
Ho capito che mi piaceva lavorare su testi di altri mentre frequentavo la Scuola Holden, più o meno sette anni fa (prima ho studiato comunicazione e gender studies, soprattutto). Lì facevamo un lavoro quotidiano sulla nostra scrittura, e capitava spesso di assistere alla lettura e analisi da parte di editor e scrittori dei racconti altrui (pratica che aiuta molto a sviluppare la capacità di lettura critica dei propri). Era una parte delle lezioni che mi avvinceva molto, e le occasioni per fare esercizio di editing, in una classe di venticinque persone che scrivevano, non sono mancate. Dopo la Holden ho trovato uno stage nella redazione del Saggiatore, dove a suon di bozze e revisioni ho imparato la parte più pratica del mestiere. Poi ho incontrato Davide Musso, editor di Terre di mezzo, che insieme al resto della redazione mi ha “preso a bottega” per qualche tempo. E infine è arrivata Isbn, dove sono entrata come redattrice ormai quasi cinque anni fa. Isbn è un posto dove i ruoli si definiscono anche attorno alle inclinazioni di chi ci lavora, perciò dopo qualche tempo ho cominciato a dedicarmi molto alla narrativa italiana, prima occupandomi dell’editing dei testi e poi assumendo anche un ruolo propositivo. La redazione di Isbn è composta di tre persone e le uscite di narrativa italiana sono solo tre o quattro all’anno, perciò naturalmente non ho mai smesso di occuparmi anche della redazione di testi di narrativa straniera, saggistica, libri per bambini, insomma di tutto il resto della produzione (l’unica cosa da cui cerco di stare il più possibile alla larga sono i saggi sul calcio).
Attraverso quali canali vi giungono i manoscritti inediti? Quali errori non deve commettere chi propone un testo alla tua attenzione?
Riceviamo moltissime proposte spontanee all’indirizzo dedicato che c’è sul sito di Isbn, ma recentemente ci siamo resi conto che non riuscivamo a tenere il passo con la lettura e valutazione e abbiamo deciso di sospendere temporaneamente la ricezione di nuovi manoscritti, dandone comunicazione sul sito. Poi sono in contatto con diverse agenzie letterarie, e da loro ricevo proposte abbastanza regolarmente. E quando incontro qualche penna interessante in giro sono io a muovermi per richiedere eventuali testi inediti.
Una cosa che mi dà parecchio fastidio è essere contattata da sconosciuti che hanno un romanzo nel cassetto attraverso canali privati: sulla mia casella di posta personale o, sempre più spesso, su facebook, magari anche con richieste pressanti e ripetute, ai confini dello stalking. Ecco, farsi avanti in questo modo con una proposta riduce drasticamente la possibilità che io la prenda in considerazione.
Quanto contano nel tuo lavoro i criteri letterari e quanto gli orientamenti del mercato?
Le logiche del mercato in qualche misura condizionano tutte le case editrici e di conseguenza tutti gli editor. Ma il mio lavoro quotidiano non è improntato a scovare il bestseller. Da una parte, devo tenere conto della linea editoriale della casa editrice – e quindi escludere quasi completamente alcuni generi letterari che hanno in effetti più potenzialità commerciali di altri –, dall’altra non posso prescindere dal valore letterario di un’opera, che in buona parte è soggettivo, e dalla sua affinità con la “personalità editoriale” di Isbn. Cerco però di tenere conto, per quanto possibile, della “sostenibilità” di un libro, ovvero della probabilità che generi un volume di vendite proporzionale agli sforzi economici, e non solo, che servono per produrlo. Infine, per quanto possa sembrare anacronistico, un criterio fondamentale è che il testo mi entusiasmi, ovvero accenda in me la voglia di trascorrere un numero inverosimile di ore a lavorare per renderlo migliore.
Quasi sessantamila testi pubblicati ogni anno, sempre più precari dell’editoria, sempre meno lettori: secondo te come si è arrivati in Italia a questa situazione? È ancora possibile uscirne?
Premetto che non ho la ricetta in tasca, altrimenti avrei già aperto una casa editrice indipendente di qualità e di successo. E non ho le idee chiare nemmeno sugli articolatissimi processi storici ed economici che hanno portato alla contrazione del mercato editoriale.
Oltre ai numerosi fattori che vengono spesso citati per tentare di spiegare la crisi dell’editoria – la grande diffusione di tipi di narrazione nuovi e più velocemente fruibili come le serie tv; l’aumento esponenziale del numero delle novità come metodo da parte degli editori per far fronte alla necessità di fatturato; il circolo vizioso calo delle vendite-diminuzione delle prenotazioni-scarsa visibilità in libreria-aumento del prezzo di copertina-calo delle vendite e via dicendo – mi viene in mente una cosa: mi sembra che a partire dagli anni novanta fino a tutti gli anni duemila si sia sviluppata una sorta di fascinazione un po’ mitica attorno ai mestieri dell’editoria, e di conseguenza sia stato tutto un fiorire di lauree specialistiche, master, corsi tenuti dalle stesse case editrici (magari proprio per sostenersi), che negli anni hanno formato un gran numero di persone entusiaste pronte per entrare in un mercato del lavoro che però era fin dal principio di dimensioni limitate e che si è ben presto saturato. Il dato un po’ inquietante è che la tendenza a formare figure professionali per l’editoria non accenna a diminuire nemmeno ora che quel mercato è palesemente in crisi. Viene quasi da pensare che gli addetti ai lavori, o aspiranti tali, a un certo punto saranno più numerosi dei lettori forti.
Ti andrebbe di raccontarci un aneddoto divertente legato alla tua “vita da editor”?
Mah, più che altro la mia vita lavorativa è costellata di aneddoti tragicomici: mi viene in mente quella volta che, la sera prima del giorno in cui doveva andare in stampa il libro di Luca Giordano (Qui non crescono i fiori), feci uno sprint finale di rilettura delle bozze stando alzata tutta la notte, e poi arrivai in redazione talmente rimbambita che dopo poche ore crollai di stanchezza e dovetti rimandare la chiusura di una settimana (per fortuna senza conseguenze sulla data di uscita). Un’esperienza formativa, a modo suo. Potrei citare decine di episodi da teatro dell’assurdo che prendono vita tra le pareti della redazione, ma ho paura che risulterebbero folli se letti con occhio esterno.
Qualche anticipazione sulle prossime pubblicazioni da te editate per le Isbn?
Ho da poco finito l’editing del nuovo romanzo di Matteo Sartori, La roccia viva, che sarà in libreria a fine settembre, la storia corale di tre personaggi che si incontrano e scontrano lungo l’arco delle loro esistenze sullo sfondo della Milano da bere contemporanea e delle vette alpine. È una bella fotografia del nostro tempo, e una prova d’autore molto matura, perché unisce la ricercatezza della scrittura di Sartori a una trama complessa, di ampio respiro.
E poi sto lavorando a un testo di non-fiction che uscirà il mese prossimo, un esordio di cui sono particolarmente orgogliosa, ma preferisco lasciare che sia l’autore il primo a darne notizia sui suoi canali.
Qui le precedenti interviste agli editor Nicola Lagioia (minimum fax), Antonio Paolacci (ex Perdisa Pop), Mario Desiati (Fandango), Alice Di Stefano (Fazi Editore), Jacopo De Michelis (Marsilio Editori), Gabriele Dadati (Laurana Editore), Chiara Valerio (Nottetempo), Davide Musso (Terre di mezzo), Elisabetta Migliavada (Garzanti), Stefano Izzo (Rizzoli), Serena Casini (ex ilSaggiatore), Fabrizio Cocco (Longanesi), Claudia Tarolo (Marcos y Marcos), Mauro Maraschi (Hacca), Claudio Ceciarelli (e/o): https://giovannituri.wordpress.com/category/interviste-a-editor/
[…] Linda Fava, ex editor Isbn L’esordio più promettente e brillante che ho letto nel 2014 forse è Il posto più strano dove mi sono innamorata di Mari Accardi (Terre di mezzo), per il suo stile che sembra implodere di umorismo e commozione. Un testo molto emblematico del 2014 secondo me è Not That Kind of Girl di Lena Dunham (in Italia pubblicato da Sperling & Kupfer): questa ragazza ormai è diventata l’icona di un nuovo tipo di “girls’ culture”, ha spalancato la strada definitivamente – si spera – a modelli femminili anticonvenzionali, sia dal punto di vista estetico che da quello intellettuale. Una delle cose più significative accadute dal punto di vista editoriale, invece, è il successo internazionale della tetralogia di Elena Ferrante (e/o): rappresenta il trionfo assoluto dell’orizzontalità e della narrazione lunga, ed è l’unica tra le mie letture dell’anno scorso per cui userei il verbo “divorare”. […]