Qualche considerazione su quanto, come e perché leggere a partire dalla mia esperienza
Ho deciso, non senza qualche scrupolo, di interrompere la lettura dell’ultimo romanzo di Hanya Yanagihara, ma per farlo sono dovuto arrivare a pagina 303 (di 1091) e confrontarmi con un’altra blogger che non ne era rimasta particolarmente entusiasta. Non è stato facile, perché gli estimatori di Una vita come tante (Sellerio) sono stati tanti, anche tra i critici letterari, e in questi casi si ha sempre il sospetto che la tara sia nostra e non del testo che abbiamo tra le mani. Oltretutto, avevo deciso di acquistarlo dopo aver apprezzato la bella recensione di Alessandro Garigliano su Nazione Indiana e aver ascoltato il lusinghiero giudizio di un amico, Pierfrancesco Ditaranto (al quale devo la scoperta di Javier Cercas). Ebbene, la Yanagihara, attraverso i suoi personaggi, dimostra una profonda comprensione dell’umanità, ma, a mio avviso, tende spesso a uno psicologismo di maniera e la sua delicata scrittura deraglia a più riprese nel melodrammatico; insomma, se in tanti sono stati completamente irretiti da questa storia, io ho iniziato a provarne fastidio, e mi sono arreso.
Sino non molto tempo fa non sarei stato in grado di interrompere la lettura di un libro, per rispetto verso l’autore che, per quanto mediocre possa essere, si è comunque messo in gioco e di chi l’ha pubblicato, investendo su di lui. Continua a leggere